TAR, sentenza n. 132 del 5 gennaio 2024
Va tenuto conto al riguardo che è stata impugnata la decisione prefettizia di risolvere d’autorità il contratto d’appalto stipulato con la ricorrente il 15/9/2016 per l’affidamento del servizio di accoglienza di cittadini stranieri richiedenti asilo e che ordinariamente, come noto, le controversie inerenti la risoluzione del contratto d’appalto (per grave negligenza, malafede o inadempimento nonché in tutte le ipotesi contemplate all’art. 107, d. lgs. n. 50/2016, comprese quelle di risoluzione doverosa, previste al comma 2, lett. a) e b) di tale norma, ossia per pronunciata decadenza dell’attestazione SOA per aver prodotto falsa documentazione e per l’intervento di un provvedimento definitivo dispositivo di misura di prevenzione ai sensi del codice delle leggi antimafia o di condanna definitiva per i reati di cui all’art. 80, d.lgs. n. 50/2016) sono devolute alla cognizione del giudice ordinario venendo in rilievo eventi o comportamenti che si collocano nella fase esecutiva del rapporto, nelle quale le parti del contratto si situano su posizioni paritetiche – con eccezione di questi ultimi due casi, che insinuano qualche dubbio, pure agitato in giurisprudenza, sulla pariteticità delle posizioni e sull’assenza di poteri di apprezzamento discrezionale della s.a. – le quali configurano in termini di diritto soggettivo le rispettive situazioni giuridiche (ex multis, Cass. SS.UU., 12 giugno 2015, n. 1277; Cons. di Stato, sez. V, 8 settembre 2016, n. 3832).
E ciò pur nella debita considerazione che la p.a., malgrado nella fase di affidamento di lavori, servizi o forniture, aperta con la stipula del contratto sia definita dall’insieme delle norme comuni e di quelle speciali, opera, “in forza di queste ultime, in via non integralmente paritetica rispetto al contraente privato” ma perché “le sue posizioni di specialità, essendo l’amministrazione comunque parte di un rapporto che rimane privatistico, restano limitate alle singole norme che le prevedono” (Cons. di Stato, Adunanza Plenaria, 20 giugno 2014, n. 14). Il che vale a dire che nella fase esecutiva del rapporto la p.a. è parte di un rapporto paritetico per così dire “a specialità limitata” siccome circoscritta dalle norme speciali di diritto pubblico che le conferiscono uno status differenziato.
Ciò posto, la peculiarità che connota la vicenda all’esame è il dato che l’impugnato provvedimento risolutivo non è dipeso da fatti verificatisi o comportamenti tenuti nel corso del contratto d’appalto del 15/9/2016 stipulato con la ricorrente, bensì da eventi inerenti una successiva gara espletata nel 2020, cui ha preso parte la deducente Cooperativa, eventi, come tali, non afferenti a profili di inadempimento di quest’ultima al contratto risolto, ma alla avvenuta esclusione della medesima ricorrente da una gara diversa ed autonoma rispetto a quella sfociata nella stipula del contratto risolto.
Risulta, dunque, di una certa evidenza come in siffatto caso si esuli dal paradigma dianzi illustrato, generato dalla intervenuta stipula del contratto, della pariteticità delle posizioni tra stazione appaltante e appaltatore che fa emergere la equiordinazione delle posizioni, declinante processualmente verso la giurisdizione del g.o.. Dal che consegue che la competenza giurisdizionale appartiene a questo giudice.
Sul punto anche il giudice d’appello ha precisato che la controversia è devoluta alla cognizione del giudice amministrativo allorché con la risoluzione la s.a. agisca esercitando poteri autoritativi, affermando che come in caso di recesso dal contratto conseguente ad una informativa prefettizia interdittiva, (cfr. Cass. civ., Sez. Unite, 29 agosto 2008, n. 21928; Cons. Stato, sez. III, 7 aprile 2017, n. 1637), la p.a. “agisce con poteri autoritativi nella sfera giuridica del contraente, con conseguente lesione di una situazione di interesse legittimo e competenza del giudice amministrativo a conoscere della controversia nella ordinaria sede di legittimità.” (Consiglio di Stato, Sez. V,19 febbraio 2021, nn.1502).