NG è stato iscritto nel registro di polizia, conformemente all’articolo 68 della legge relativa al Ministero dell’Interno, nell’ambito di indagini preliminari per il reato di falsa testimonianza, previsto dall’articolo 290, paragrafo 1, del codice penale. A seguito di tali indagini, nei confronti di NG è stata formulata l’imputazione e, con sentenza del 28 giugno 2016, confermata in appello il 2 dicembre 2016, egli è stato riconosciuto colpevole di tale reato e condannato a una pena detentiva di un anno con sospensione condizionale. Dopo aver scontato tale pena, NG ha beneficiato, in applicazione dell’articolo 82, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 88a del codice penale, di una riabilitazione, intervenuta il 14 marzo 2020.
Il 15 luglio 2020, sulla base di tale riabilitazione, NG ha presentato presso l’amministrazione territoriale competente del Ministero dell’Interno una domanda di cancellazione della sua iscrizione nel registro di polizia. Con decisione del 2 settembre 2020, il DGPN ha respinto tale domanda, considerando che una condanna penale definitiva non rientra tra i motivi di cancellazione dell’iscrizione nel registro di polizia, tassativamente elencati all’articolo 68, paragrafo 6, della legge relativa al Ministero dell’Interno, nemmeno in caso di riabilitazione.
Nella fattispecie concreta la Corte (Grande Sezione) ha dichiarato:
l’articolo 4, paragrafo 1, lettere c) ed e), della direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati, deve essere interpretato nel senso che:
osta a una normativa nazionale che prevede la conservazione da parte delle autorità di polizia a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, di dati personali, in particolare di dati biometrici e genetici, riguardanti persone che hanno subito una condanna penale definitiva per un reato doloso perseguibile d’ufficio, fino al decesso della persona interessata, anche in caso di riabilitazione di quest’ultima, senza porre a carico del titolare del trattamento l’obbligo di esaminare periodicamente se tale conservazione sia ancora necessaria, né riconoscere a detta persona il diritto alla cancellazione di tali dati, dal momento che la loro conservazione non è più necessaria rispetto alle finalità per le quali sono stati trattati, o, eventualmente, il diritto alla limitazione del loro trattamento.