Consiglio di Stato, sentenza n. 1192 del 5 febbraio 2024
Il giudizio in argomento scaturisce dal procedimento disciplinare avviato dal Procuratore generale della Corte dei conti, nei confronti del Presidente di Sezione della Corte dei conti, dott. -OMISSIS-, al quale è stato contestato di avere posto in essere nell’anno 2022 una serie di comportamenti passibili di inverare fattispecie disciplinarmente rilevanti e censurabili quali:
a) l’aver offerto – accedendo, a partire dal 16 aprile 2022, ad una chat di partecipanti al concorso per funzionari amministrativi della Corte dei conti – la possibilità di acquistare materiale di studio – venduto direttamente dal dott. -OMISSIS– – per il concorso pubblico in questione, prevedendo anche uno sconto (€ 90,00 anziché € 135,00) in caso di richieste pervenute entro il termine del 31 maggio.
b) aver svolto le funzioni di “amministratore” di una “pagina Facebook” – titolata “concorso per XXXXXXXX” – nella quale il medesimo dott. -OMISSIS- offriva direttamente in vendita il predetto materiale di studio – costituito da una serie di ebook, non acquistabili in libreria – e nella quale lo stesso non mancava di qualificarsi come “Presidente di sezione” della Corte dei conti, precisando che le richieste (di acquisto) dovessero essere effettuate al suo indirizzo e-mail privato.
Il Consiglio di Presidenza, nella delibera che ha prosciolto il dott. -OMISSIS-, ha osservato che l’attività dell’incolpato, a prescindere dall’assenza di tutti i requisiti connotanti un’attività imprenditoriale, sia stata in realtà una semplice diffusione e vendita di propri appunti video lezioni e manuali, avvenuta in via diretta tramite social network per un arco temporale del tutto ristretto. Per quanto la condotta tenuta dal dott. -OMISSIS- non possa definirsi esemplare per essersi servito di canali non ortodossi al fine di pubblicizzare direttamente e personalmente le sue opere, infatti, egli non è incorso in nessuna violazione dei qui invocati parametri disciplinari per l’assenza, nel caso di specie, di una qualsiasi attività imprenditoriale o professionale illecitamente esercitata in parallelo alla sua attività giurisdizionale.
Quanto, anzitutto, alla contestazione di cui all’art. 60 del d.P.R. n. 3 del 1957, tale disposizione, che si applica al pubblico impiego privatizzato e non privatizzato (nei limiti della compatibilità, per quest’ultimo, con i vari ordinamenti settoriali), stabilisce che «l’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o..».
Orbene la previsione, dal punto di vista oggettivo, è ampia e, come afferma la costante giurisprudenza in materia, «tale da includere tutte le attività che presentino i caratteri della abitualità e professionalità idonee a disperdere all’esterno le energie lavorative del dipendente e ciò al fine di preservare queste ultime e tutelare il buon andamento della p.a. che risulterebbe turbato dall’espletamento da parte dei propri dipendenti di attività imprenditoriali caratterizzate da un nesso tra lavoro, rischio e profitto» (Cass., sez. L, 1° dicembre 2020, n. 27420, ord.).
Nel caso di specie, come ha rilevato il Consiglio di Presidenza anche sulla scorta degli accertamenti istruttori e, in particolare, della relazione depositata l’8 settembre 2022 dalla competente Commissione presso l’Ufficio Studi e documentazione ai sensi dell’art. 3, comma 6, del regolamento sopra citato, l’attività di vendita realizzata dal dott. -OMISSIS- non è stigmatizzabile neppure sotto il profilo oggettivo, anche in considerazione del ristretto arco temporale in cui si è realizzata.
Anche volendo ammettere, come deduce l’appellante con il secondo motivo, che tale attività si sia svolta per 44 giorni anziché per 14, ciò non sembra incidere sull’esiguità, tutto sommato modesta, dell’arco temporale in cui si è realizzata, senza che l’appellante sia riuscito a fornire elementi, comunque, tali da far ritenere che questa attività, ancorché prolungatasi per un mese in più, abbia assunto le caratteristiche della abitualità e della professionalità, con un’organizzazione di mezzi, risorse umane e materiali, tali da connotarla in senso imprenditoriale, ai sensi dell’art. 2182 c.c., come invece postula l’applicazione, qui invocata, dell’art. 60 del d.P.R. n. 3 del 1957, o comunque in modo professionale, stabile e continuativo.
D’altro canto, quanto alla “parallela” giurisprudenza delle Sezioni Unite per i provvedimenti disciplinari adottati nei confronti dei magistrati ordinari, va qui ricordato che, anche ai fini della configurabilità della violazione dell’analogo divieto di cui all’art. 16, comma 1, del R.D. n. 12 del 1941, così come richiede l’art. 3, comma 1, lett. d), del d. lgs. n. 109 del 2006, viene rilevato, è vero, che sussiste tale violazione del divieto anche «quando l’aspetto organizzativo si risolva tutto nella autorganizzazione di chi ponga in vita la prestazione intellettuale», ma viene richiesto – persino per la preparazione ai corsi o agli esami per l’accesso alle professioni forensi del tutto interdetta ai giudici ordinari ai sensi dall’art. 3 della Circolare del CSM 9 dicembre 2015, n. 22581 (secondo cui «sono vietate l’organizzazione di scuole private di preparazione a concorsi o esami per l’accesso al pubblico impiego, alle magistrature e alle altre professioni legali») – che tanto avvenga con «un’attività continuativa e professionale» (Cass., Sez. Un., 10 dicembre 2013, n. 27493).
Ciò che, evidentemente, difetta nel caso di specie, dove all’esito dell’istruttoria è emerso che si trattava di un’attività del tutto sporadica e limitata nel tempo, senza alcun requisito di imprenditorialità, neppure nella forma dell’autorganizzazione, o comunque di professionalità, ma solo di una forma – inopportuna o, per così dire, “aggressiva” e mirata per una specifica platea di soggetti interessati – di pubblicità degli e book contenenti materiali di studio in vista del concorso.
Le argomentazioni del Procuratore appellante in ordine alle caratteristiche dell’attività (progettazione e realizzazione dei beni destinati alla vendita, segmentazione del mercato, targeting, posizionamento del prodotto attraverso lo sviluppo di strategie ad attività di marketing, ecc.), pur suggestive, non sono persuasive nel far ritenere inverata, concretamente, una effettiva attività imprenditoriale da parte del dott. -OMISSIS-.
E benché non sia del tutto condivisibile la motivazione della delibera qui gravata, allorché sostiene che, comunque, la vendita degli e book rientrasse nell’ambito del diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (art. 12 della l. n. 633 del 1941), rappresentando, a suo avviso, la “ messa in commercio” degli e book la forma di «utilizzazione economica, da parte dell’autore o inventore, di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali» (come sancisce l’art. 9 della del. n. 115/CP/2021 del 5 maggio 2021, che esenta dall’autorizzazione consiliare), mentre si trattava, in realtà, di forme di commercializzazione diretta, da parte di un magistrato, di opere con modalità quantomeno inopportune ed evidentemente “selettive”, non irragionevolmente il Consiglio di Presidenza, a fronte di uno sporadico e breve episodio, ha ritenuto che esso non violasse il divieto di cui all’art. 60 del d.P.R. n. 3 del 1957 e, comunque, le norme dell’ordinamento disciplinare vigente per i magistrati contabili, stante l’assenza di imprenditorialità e, comunque, di professionalità.