TAR Campania, sentenza n. 1176 del 19 febbraio 2024
La studentessa -OMISSIS- ha impugnato il verbale n. -OMISSIS- della commissione -OMISSIS- per gli esami di stato di maturità dell’anno scolastico 2022/2023 insediatasi presso il Liceo classico; detto verbale concerneva la riunione della predetta commissione d’esame per l’attribuzione del voto finale alla candidata, nella parte in cui in, aggiunta al voto finale di 100/100 conseguito all’esito dell’esame di maturità non le veniva attribuita la lode.
A seguito di sentenza di annullamento, l’Istituto in sede di riedizione del provvedimento caducato, confermava il voto finale senza attribuzione di lode.
Ritiene pertanto il Collegio di dover puntualizzare che non è luogo a parlare di motivazione postuma, invocandone il divieto, allorché il giudicato comporti il doveroso riesercizio della funzione amministrativa giudicata viziata per patologie della motivazione del provvedimento impugnato.
Da quanto osservato discende l’infondatezza anche della deduzione della violazione dell’art. 10-bis della l. n. 241/1990, il quale presuppone al contrario che in caso di annullamento in giudizio del provvedimento così adottato, l’amministrazione debba esercitare nuovamente il suo potere e vieta solo di addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istruttoria del provvedimento annullato.
Con il secondo motivo, in sintesi, la ricorrente lamenta che il mancato riconoscimento della lode deve essere sorretto da adeguata e specifica motivazione, la cui mancanza rischia di rendere “ineffettivo” il diritto alla tutela giurisdizionale amputando la possibilità di sindacato, sia pure estrinseco, del giudizio in ordine al rispetto dei criteri di buona fede, di trasparenza e logicità della decisione amministrativa; pertanto, a fronte della presenza dei requisiti previsti dalla normativa di riferimento, non è sufficiente una negazione mera della lode, dovendo la commissione esplicitare le motivazioni che non hanno condotto all’attribuzione della lode stessa.
La censura è fondata e nelle sue linee portanti è stata già oggetto di vaglio in occasione del primo ricorso, proposto avverso la originaria valutazione della ricorrente esitata nel mancato riconoscimento della lode.
Ritiene il Collegio che l’affermazione secondo cui la candidata “ha dimostrato di non possedere lodevoli capacità analitiche ed eccellenti abilità argomentative” si connota, come a breve si illustrerà, per immanenti tratti di imperscrutabilità e cripticità, nella misura in cui la commissione non specifica da quali elementi ha desunto l’assenza nella candidata, di lodevoli capacità analitiche ed eccellenti abilità argomentative.
Rammenta il Collegio che secondo una indiscussa e condivisa sistemazione dottrinaria monografica sulla motivazione del provvedimento amministrativo, la motivazione deve consistere “nell’insieme dei fattori e nel discorso sui fattori”. Quel che difetta nel censurato riportato giudizio è infatti proprio l’insieme dei fattori, che deve costituire la base, la causa ovvero la materia prima del giudizio – come di qualsivoglia giudizio – secondo cui la candidata “ha dimostrato di non possedere lodevoli capacità analitiche ed eccellenti abilità argomentative”.
Simili valutazioni, infatti, non sono altro che “il discorso sui fattori”, alias la valutazione deduttiva degli elementi fattoriali costituenti la materia prima dalla quale, per effetto dell’intermediazione dell’elaborazione dianoetica, si forma il prodotto, in cui consiste il giudizio.
Mancano quindi e non sono enucleati, i fattori di tale giudizio, ossia la materia prima da cui il prodotto (il giudizio) deriva.
Il Collegio è quindi al cospetto del prodotto ma non della materia prima da cui esso origina.
Emerge quindi la prima grave patologia che affligge la motivazione in scrutinio, ossia la sua natura monca e claudicante, siccome orfana dei suoi fondamenti fattoriali (l’insieme dei fattori) costituenti la materia prima da cui solo può scaturire il prodotto, in cui consiste il giudizio.