Consiglio di Stato, sentenza n. 4111 del 7 maggio 2024
Deve considerarsi che:
i) in virtù del noto principio che impone il possesso continuativo dei requisiti generali e speciali in capo agli aspiranti aggiudicatari (principio già affermato dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio con sentenza n. 8/2015, ribadito con le pronunce nn. 3/2017 e 8/2020 nonché, da ultimo, con la più recente n. 7/2024), anche una soluzione di continuità di breve durata comporta l’espulsione dalla gara (v. Cons. Stato, sez. V, n. 560/2023; id., n. 779/2023, 8558/2022 e 386/2021);
ii) la revoca della misura interdittiva disposta dall’Autorità penale nel caso in esame ha prodotto effetti solo ex nunc: vero è infatti che la disciplina di settore (art. 52 d.lgs. n. 231/2001) ammette la possibilità che la misura venga annullata dal giudice del riesame con conseguente venir meno della sua efficacia ex tunc, ma nel caso di specie l’interdittiva è stata solo revocata ex nunc (ai sensi dell’art. 50 d.lgs. n. 231/2001), previa sua sospensione, per essersi l’operatore ravveduto e avere posto in essere comportamenti concretamente idonei, da una parte, a sanare le conseguenze dell’illecito e, dall’altra, a “mettere in sicurezza” la struttura organizzativa, garantendo la sua idoneità a prevenire ulteriori illeciti (artt. 49 e 17 d.lgs. n. 231/2001);
iii) d’altra parte, proprio su questa premessa logica concernente la diversa portata dell’annullamento e della revoca della misura cautelare, la giurisprudenza penale ha chiarito che la revoca della misura interdittiva disposta a seguito di condotte riparatorie poste in essere d.lgs. n. 231/ 2001, ex art. 17, intervenuta nelle more dell’appello cautelare proposto nell’interesse della società indagata, non determina automaticamente la sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione (Cass. pen., sez. un., n. 51515/2018);
iv) quanto, invece, alle ricadute che la misura interdittiva determina sulla procedura di evidenza pubblica, in casi simili e comparabili a quello in esame la giurisprudenza di questo Consiglio ha stabilito (sez. V, nn. 560/2023, 8558 e 4732/2022) che la sopravvenuta inefficacia della misura interdittiva non ha portata retroattiva, con la conseguenza che la sua sospensione ed eventuale revoca non eliminano gli effetti preclusivi prodotti, nelle more, sui rapporti e sulle gare in corso;
v) occorre poi osservare che la fattispecie escludente invocata da -OMISSIS- (art. 80, comma 5, lettera f) ha carattere automatico e non è quindi rimessa ad un giudizio di congruità e proporzionalità da parte dell’Amministrazione prima e del giudice poi: si può sorvolare sugli effetti disgregativi – fin troppo evidenti – che la messa in discussione dell’automatismo determinerebbe sull’intera sistematica delle fattispecie escludenti, impostata su una chiara e tassonomica ripartizione che segue alla loro valenza vincolante o discrezionale, la quale verrebbe vistosamente alterata dall’introduzione di un effetto di osmosi tra le due categorie e dalla riespansione delle valutazioni casistiche e discrezionali (per di più in assenza di parametri d’ordine e di orientamento nel giudizio di proporzionalità) anche ad un’area regolativa che il legislatore ha consapevolmente (e coerentemente con le direttive eurounitarie, v. art. 57 Direttiva 2014/24/UE) voluto concepire come ad esse rigidamente preclusa;
vi) non si può, d’altra parte, mancare di considerare che il sistema conosce strumenti di possibile temperamento dell’effetto escludente (quali quello delle misure di self-cleaning che dovessero essere adottate dall’operatore per dimostrare il recupero dei requisiti soggettivi) applicabili, salvo limitate eccezioni, anche alle fattispecie ostative obbligatorie (v., art. 80, commi 7 e 8, del d.lgs. n. 50/2016), sicché anche in quest’ambito disciplinare delle misure espulsive può dirsi presente una valvola correttiva, attuativa dei principi generali di ragionevolezza e proporzionalità.