Il demansionamento è un illecito permanente, con le relative conseguenze sulla prescrizione

Corte di Cassazione, sentenza n. 11870 del 2 maggio 2024

In tutte le branche del nostro ordinamento l’illecito permanente è quello in cui l’offesa arrecata al diritto o all’interesse protetto si protrae nel tempo per effetto della persistente condotta volontaria.

Tale è il caso dell’adibizione a mansioni inferiori. Infatti, lo stesso concetto di “adibizione” implica l’esercizio di un potere che si protrae nel tempo, perché si traduce in un’assegnazione di determinate mansioni nell’ambito di un rapporto giuridico di durata (quello di lavoro subordinato) e nel loro mantenimento, sicché il destinatario di quell’assegnazione è obbligato a svolgerle giorno dopo giorno fino a quando non intervenga un nuovo atto di esercizio di ius variandi, ossia fino a quando non intervenga un nuovo atto di “adibizione”, che – in ipotesi – faccia cessare la situazione illecita mediante l’assegnazione di mansioni consone.

Quindi quell’atto originario di ius variandi instaura una situazione, di fatto e di diritto, naturalmente destinata a protrarsi nel tempo e che si protrae proprio in virtù di una scelta volontaria del datore di lavoro. Contrariamente all’assunto della ricorrente, a nulla rileva che l’atto datoriale che instaura la situazione antigiuridica sia uno, atteso che quello è solo l’atto iniziale che appunto ha la funzione di instaurare la situazione antigiuridica.

Resta fermo che la condotta datoriale illecita non si esaurisce con quell’atto, ma si protrae con il volontario mantenimento di quell’adibizione giorno per giorno, fino a quando tale protrazione non cessi con un nuovo atto di adibizione ad altre mansioni. Quindi esattamente la Corte d’Appello ha qualificato il demansionamento come “illecito permanente”. Ne consegue che, per la frazione di condotta tenuta sotto la vigenza della nuova norma (introdotta dal d.lgs. n. 81/2015), questa trova applicazione, dunque ex nunc (dal 24/06/2015) senza alcuna violazione del principio di irretroattività posto dall’art. 11 disp.prel.c.c.

Pertanto, qualora le nuove mansioni non fossero più qualificabili come “inferiori” alla luce della nuova formulazione dell’art. 2103 c.c., effettivamente quella condotta, ancora perdurante, perderebbe il suo connotato di illiceità. Infatti con il d.lgs. n. 81/2015 il legislatore non si è limitato a disciplinare gli “effetti” dello ius variandi, ma ha dettato una nuova regolamentazione dell’esercizio di questo potere datoriale, quindi una nuova disciplina della “fattispecie”, integrata dalla volontaria decisione datoriale di mutare l’oggetto della prestazione lavorativa (e quindi del contratto) e di mantenere mutato così l’oggetto.

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