Consiglio di Stato, sentenza n. 4793 del 28 maggio 2023
La X Servizi ha rappresentato all’ASST la necessità di variare il contratto a causa dell’imprevisto aumento dei costi e il 24 febbraio 2022 ha chiesto l’adeguamento dei corrispettivi in misura pari all’incremento registrato dall’indice FOI, con decorrenza 1° dicembre 2021.
Il 15 marzo 2022 l’ASST ha respinto l’istanza di revisione perché non solo l’aumento del costo del lavoro non avrebbe rappresentato una circostanza eccezionale e imprevedibile, ma anche perché nessun documento di gara aveva previsto, in modo chiaro e inequivocabile, la possibilità di procedere ad una revisione dei prezzi.
Partendo dall’esame delle tesi dell’appellante principale, non può non rilevarsi che la norma del codice richiede espressamente la previsione di una clausola di revisione prezzi. Tale previsione non può essere desunta, come sostiene parte appellante, dall’interpretazione complessiva del contratto.
Nella materia della revisione prezzi nei contratti di appalto pubblici ha sempre operato una disciplina speciale che tendenzialmente restringe gli ambiti di scelta discrezionale dell’Amministrazione committente, vincolandola a diversi presupposti sostanziali e procedimentali, al fine di evitare potenziali effetti elusivi del meccanismo della gara pubblica. In particolare, il codice del 2016, all’art. 106, comma 1, lett. a), ha previsto la facoltatività della clausola revisionale, ma a condizione che sia indicata nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che facciano riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard ove definiti e che non alterino le condizioni della gara.
Quanto poi all’invocata incidenza del sopravvenuto CCNL del settore Multiservizi, va innanzitutto rilevato che gli aumenti del costo del lavoro in seguito al rinnovo del contratto collettivo costituiscono circostanze del tutto prevedibili da parte dell’impresa appaltatrice, che per tale ragione dovrebbe tenerne conto al momento della formulazione della propria offerta. E se è vero che la società ricorrente ha formulato la sua offerta nel 2016, la stessa, per la particolare procedura dell’accordo quadro, ha comunque sottoscritto il contratto alla fine del 2020, cioè a meno di un anno dall’entrata in vigore del nuovo CCNL (luglio 2021).