Corte dei Conti, Prima Sezione Centrale d’Appello, sentenza n. 142 del 10 giugno 2024
È comune ad entrambi gli appellanti la questione (preliminare) per cui la sentenza di prime cure avrebbe, erroneamente, affermato l’attualità e concretezza del danno pur non essendo ancora (tutti) prescritti i diritti di credito che l’ASP vanta nei confronti dei terzi occupanti.
In altri termini entrambi gli appellanti sostengono che, sussistendo ancora per l’ASP la possibilità di recuperare alcuni crediti, non essendo ancora decorso il termine ultimo di prescrizione, il danno sarebbe privo del carattere della definitività, potendo, in ipotesi, gli occupanti sine titulo provvedere ancora al pagamento.
La censura, relativa all’assenza di danno, non è fondata.
La pronuncia gravata ha affermato che, in presenza di una occupazione abusiva di immobili, il danno non consiste esattamente in un danno da mancata entrata, ma deriva dal mancato godimento dei beni occupati dovuto al mancato esperimento delle azioni di rilascio, non potendosi, fondatamente, (più) sperare nell’adempimento spontaneo degli occupanti sine titulo, considerata la loro insolvenza, protrattasi per anni, e l’incapienza dei loro patrimoni a soddisfare, coattivamente, la ragioni creditorie dell’ASP di Vibo Valentia.
Non è dunque conferente la giurisprudenza citata dagli appellanti con riferimento al danno da mancata entrata, dovendo invece farsi riferimento, con riguardo alle ipotesi di occupazione abusiva caratterizzata dall’originario difetto di titolo, al regime della responsabilità di cui all’art. 2043 del cod. civ. In proposito si osserva, come rilevato dalla Procura generale, che l’orientamento della Sezione territoriale è in linea con la più avveduta giurisprudenza della Corte di Cassazione, che si è pronunciata sulla tematica del risarcimento del danno da occupazione sine titulo con la sentenza resa a Sezioni Unite n. 33645 in data 15 novembre 2022, qualificandolo come “danno da perdita subita (del godimento)”.
Per la Cassazione “l’evento di danno riguarda non la cosa, ma proprio il diritto di godere in modo pieno ed esclusivo della cosa stessa. Il danno risarcibile è rappresentato dalla specifica possibilità di esercizio del diritto di godere che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione, cagionata dall’occupazione abusiva, del “diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo”. Il nesso di causalità giuridica si stabilisce così fra la violazione del diritto di godere della cosa, integrante l’evento di danno condizionante il requisito dell’ingiustizia, e la concreta possibilità di godimento che è stata persa a causa della violazione del diritto medesimo, quale danno conseguenza da risarcire”.
Ora è ben vero che la sentenza gravata ha dichiarato di aderire all’orientamento giurisprudenziale più rigoroso (per cui, in caso di occupazione del bene, il danno sarebbe sempre presente, in re ipsa) in luogo di quello diversamente garantista (per cui il danno subito andrebbe necessariamente provato in tutte le sue componenti), ma ciò non determina un vulnus per la posizione degli appellanti, alla luce dell’orientamento seguito dalle ridette Sezioni Riunite della Cassazione, che hanno sostituito la locuzione “danno in re ipsa” con quella di “danno presunto” o “danno normale”.
Nel caso in esame infatti la concreta possibilità di godimento -diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo- dei beni da parte della ASP che è andata perduta, richiesta quale mera allegazione probatoria dalle richiamate Sezioni Riunite – considerata la “tendenziale normalità del pregiudizio al godimento del proprietario a seguito dell’occupazione abusiva”- mai è stata negata avendo, se mai, le contestazioni degli appellanti ad oggetto non le limitazioni al godimento degli immobili, ma le ragioni di credito dell’ASP, in ipotesi, non ancora prescritte.
Ciò, con riferimento al primo gruppo di immobili, in cui l’occupazione abusiva è caratterizzata dall’originario difetto di titolo, è coerente con le conclusioni cui perviene la sentenza gravata che lo qualifica quale “danno da mancata utilizzazione del bene, ossia da responsabilità extracontrattuale per la perdita della (mera) chance di usufruire dell’immobile”.