Monetizzazione delle ferie non godute: la Corte dei Conti riassume normativa e giurisprudenza

Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Toscana, deliberazione n. 129/2024/PAR

La norma che viene in rilievo è l’art. 5, comma 8, del d.l. n.95 del 2012 che sembra disporre un divieto assoluto di corresponsione di trattamenti economici sostitutivi (cd. monetizzazione delle ferie) in caso di mancato godimento delle ferie da parte dei dipendenti pubblici.

Il divieto è stato oggetto di dibattito giurisprudenziale circa la valenza dello stesso soprattutto allorquando la mancata fruizione delle ferie non sia dipesa dalla volontà del dipendente.

Già la Corte costituzionale, con la sentenza n. 95 del 6 maggio 2016, ha escluso la illegittimità costituzionale della norma se interpretata in senso conforme alla Costituzione e alle fonti internazionali ed europee a tutela del lavoro, nel senso che il divieto di monetizzazione non opera nelle ipotesi di cessazione dal servizio, quando il mancato godimento delle ferie sia dovuto a causa non imputabile al lavoratore, quali la malattia o altra causa non imputabile. Il divieto sussisterebbe solo nel caso di fattispecie in cui la cessazione del rapporto di lavoro sia dovuta ad una scelta o a un comportamento del lavoratore, quali dimissioni, risoluzione, mobilità, pensionamento per raggiungimento dei limiti di età, che consentono di pianificare per tempo la fruizione delle ferie e di attuare il necessario contemperamento delle scelte organizzative del datore di lavoro con le preferenze manifestate dal lavoratore in merito al periodo di godimento delle ferie.

In tal senso anche Dipartimento della funzione pubblica con la nota n. 40033 dell’8 ottobre 2012 per cui, sulla base della giurisprudenza nazionale e comunitaria “le cessazioni del rapporto di lavoro determinatesi a seguito di un periodo di malattia, di dispensa dal servizio o, a maggior ragione di decesso del dipendente, configurano, invece, vicende estintive del rapporto di lavoro dovute ad eventi indipendenti dalla volontà del lavoratore e dalla capacità organizzativa del datore di lavoro. In base al sopra descritto ragionamento non sembrerebbe, pertanto, rispondente alla ratio del divieto previsto dall’articolo 5, comma 8, del D.L. n. 95 del 2012 includervi tali casi di cessazione, poiché ciò comporterebbe una preclusione ingiustificata e irragionevole per il lavoratore, il cui diritto alle ferie maturate e non godute per ragioni di salute, ancorché già in precedenza rinviate per ragioni di servizio, resta integro con riguardo alla duplice finalità di consentire al lavoratore di riposarsi rispetto all’esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro e di beneficiare di un periodo di distensione e ricreazione”.

Ed ancora Corte di giustizia dell’Unione Europea del 20 luglio 2016 (causa C- 341/15), nel sancire la rilevanza del diritto alle ferie per il diritto sociale dell’Unione europea, e richiamando l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 che prevede che il lavoratore abbia diritto a un’indennità finanziaria in caso di mancata fruizione delle ferie, dispone che la norma da ultimo richiamata “osta a una normativa nazionale che priva del diritto a un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute il lavoratore il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito della sua domanda di pensionamento e che non sia stato in grado di usufruire di tutte le ferie prima della fine di tale rapporto di lavoro; un lavoratore ha diritto, al momento del pensionamento, all’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite on godute per il fatto di non aver esercitato le sue funzioni per malattia.

Tale giurisprudenza è fatta propria dal Consiglio di Stato che, con la sentenza Sezione II n. 2349-2022, confermando orientamenti dello stesso giudice amministrativo ha disposto come “il diritto al compenso sostitutivo delle ferie non godute dal pubblico dipendente, discenda direttamente dallo stesso mancato godimento delle ferie, in armonia con l’art. 36 Cost., quando sia certo che tale vicenda non sia stata determinata dalla volontà del lavoratore e non sia a lui comunque imputabile, (Cons. Stato Sez. IV, 13 marzo 2018, n. 1580, Sez. III, 17 maggio 2018, n. 2956, con riguardo ai casi di cessazione dal servizio non dipendente da causa di servizio; Cons. Stato, sez. III, 21 marzo 2016, n. 1138 relativamente alla mancata fruizione del congedo per l’aspettativa per infermità). Pertanto, i giudici affermano che il divieto di corresponsione di trattamenti economici sostitutivi per le ferie non godute non si applica nei casi in cui il loro mancato godimento dipenda da cause non imputabili al lavoratore, dovendosi invece ritenere operante il divieto tutte le volte in cui il dipendente abbia avuto la possibilità di richiederle e di fruirne (Cons. Stato. Sez. IV, 12 ottobre 2020, n. 6047). 

In ultimo, è intervenuta nuovamente sulla questione del mancato godimento delle ferie e del divieto di monetizzazione, la Corte di Giustizia dell’Unione europea (Sez. I, Sent. 18 gennaio 2024, n. 218/22) che ha ampliato in precedente pronunciato limitando ulteriormente l’ambito applicativo del divieto di cui all’art. 5, comma 8 del d.l. n. 95/2012. La Corte europea espone le seguenti linee interpretative:

– “l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 non assoggetta il diritto a un’indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte le ferie annuali cui aveva diritto alla data in cui detto rapporto è cessato ……..; ne consegue, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, che un lavoratore, che non sia stato in condizione di usufruire di tutte le ferie annuali retribuite prima della cessazione del suo rapporto di lavoro, ha diritto a un’indennità finanziaria per ferie annuali retribuite non godute. A tal fine è privo di rilevanza il motivo per cui il rapporto di lavoro è cessato. Pertanto, la circostanza che un lavoratore ponga fine, di sua iniziativa, al proprio rapporto di lavoro, non ha nessuna incidenza sul suo diritto a percepire, se del caso, un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite di cui non ha potuto usufruire prima della cessazione del rapporto di lavoro”;

– l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale recante modalità di esercizio del diritto alle ferie annuali retribuite espressamente riconosciuto da tale direttiva che comprenda finanche la perdita di detto diritto alla fine di un periodo di riferimento o di un periodo di riporto; tale direttiva non può, in linea di principio, vietare una disposizione nazionale ai sensi della quale, al termine di tale periodo, i giorni di ferie annuali retribuite non goduti non potranno più essere sostituiti da un’indennità finanziaria, neppure in caso di successiva cessazione del rapporto di lavoro, allorché il lavoratore ha avuto la possibilità di esercitare il diritto che detta direttiva gli attribuisce. Quindi, nel contemperamento di interessi contrapposti, non rileva il mero fatto della cessazione del rapporto di lavoro, anche per dimissioni volontarie, ma la circostanza che il lavoratore, messo nelle condizioni di usufruire delle ferie, vi abbia rinunciato: “…. gli Stati membri non possono derogare al principio derivante dall’articolo 7 della direttiva 2003/88, letto alla luce dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, secondo il quale un diritto alle ferie annuali retribuite non può estinguersi alla fine del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, quando il lavoratore non è stato in condizione di beneficiare delle sue ferie (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Max- PlanckGesellschaft zur Förderung der Wissenschaften, C-684/16, EU:C:2018:874, punto 54);

– di contro, “Se, invece, il lavoratore, deliberatamente e con piena cognizione delle conseguenze che ne sarebbero derivate, si è astenuto dal fruire delle ferie annuali retribuite dopo essere stato posto in condizione di esercitare in modo effettivo il suo diritto alle stesse, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta non osta alla perdita di tale diritto né, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alla correlata mancanza di un’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute, senza che il datore di lavoro sia tenuto a imporre a detto lavoratore di esercitare effettivamente il suddetto diritto.

La Corte di Giustizia, circa la possibilità o meno di usufruire le ferie da parte del lavoratore, dispone che l’onere della prova incombe al datore di lavoro: “ne consegue che, qualora il datore di lavoro non sia in grado di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto, circostanza la cui verifica spetta al giudice del rinvio, si deve ritenere che l’estinzione del diritto a tali ferie alla fine del periodo di riferimento o del periodo di riporto autorizzato e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il correlato mancato versamento di un’indennità finanziaria per le ferie annuali non godute violino, rispettivamente, l’articolo 7, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 nonché l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta”.

In conclusione, afferma la Corte di Giustizia, dichiara che “l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, prevede il divieto di versare al lavoratore un’indennità finanziaria per i giorni di ferie annuali retribuite maturati sia nell’ultimo anno di impiego sia negli anni precedenti e non goduti alla data della cessazione del rapporto di lavoro, qualora egli ponga fine volontariamente a tale rapporto di lavoro e non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro per ragioni indipendenti dalla sua volontà.

Per tutto quanto premesso, appare pertanto evidente il principio in base al quale al dipendente che non abbia usufruito delle ferie spetta sempre la “monetizzazione” delle stesse ad eccezione della circostanza in cui sia lo stesso dipendente ad aver scelto di non usufruirne pur avendone la possibilità (con onere della prova in capo al datore di lavoro: ne deriva, pertanto, una forma di responsabilizzazione del dirigente/datore di lavoro che dovrà annualmente mettere in condizione i dipendenti di usufruire delle ferie – ad esempio predisponendo idoneo piano ferie). 

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