Corte Costituzionale, sentenza n. 139 dep. il 22 luglio 2024
Al fine di ridurre il contenzioso, il legislatore statale ha scelto di alleviare gli oneri delle imprese che imboccano la strada della definizione bonaria e, quindi, si è fatto carico della quota che i fornitori di dispositivi medici non dovranno più versare, in virtù di una disciplina di agevolazione.
Le risorse stanziate nel fondo corrispondono alla quota che cessa di gravare sulle imprese, quando scelgano una definizione conciliativa delle controversie o rinuncino ad avviarle. La dotazione del fondo è determinata sul presupposto che tutte le imprese desistano dal contenzioso. Ne deriva che le somme stanziate a favore di regioni e province autonome coprono importi che le imprese non dovranno più versare.
Poste tali premesse, la ricorrente osserva che, in questo modo, regioni e province autonome «potranno ottenere risorse anche superiori al ripiano di tale tetto di spesa, in quanto avranno diritto all’intera frazione di ripiano da parte delle aziende, ove queste non aderiscano alla definizione agevolata introdotta dalla norma». Poiché è imprevedibile il numero delle aziende fornitrici di dispositivi medici che sceglieranno di addivenire a una definizione agevolata, le regioni si gioveranno «in maniera del tutto aleatoria» delle somme stanziate e potranno anche lucrare un quid pluris.
Nella memoria illustrativa, la ricorrente pone in risalto l’insussistenza di una ragionevole connessione «tra le effettive sorti del contenzioso attivato dalle aziende fornitrici e il riconoscimento delle risorse pubbliche aggiuntive stanziate con le impugnate disposizioni»
Le risorse stanziate per il fondo sono state determinate proprio in base al meccanismo che la disposizione impugnata tratteggia. Tra l’istituzione del fondo, nella conformazione che la ricorrente censura, e tale meccanismo di agevolazione intercorre, dunque, un nesso inscindibile: dalla scelta di alleviare gli oneri delle imprese trae origine anche il fondo, con la dotazione che gli è stata concretamente assegnata.
Tuttavia, nel congegno che la disciplina impugnata modella, si può scorgere un’intrinseca antinomia tra i criteri selettivi dello sgravio accordato alle imprese e l’assegnazione delle risorse alle regioni e alle province autonome, per far fronte agli oneri sopravvenuti in conseguenza del beneficio concesso alle imprese.
Tale antinomia trascende il rango dei meri inconvenienti di fatto, in quanto è insita nello stesso assetto che il legislatore, in via generale e astratta, ha delineato.
Delle risorse assegnate dallo Stato le regioni e le province autonome si giovano anche quando le aziende fornitrici non abbiano aderito alla definizione agevolata e restino, quindi, tenute al versamento degli interi importi dovuti alle stesse regioni e province autonome. Dalla circostanza, accidentale e imprevedibile, della rinuncia al contenzioso consegue il concreto ammontare delle entrate.
La combinazione tra uno sgravio per le imprese modulato in termini restrittivi e uno stanziamento di risorse concepito in modo indifferenziato conduce a riconoscere, alle regioni e alle province autonome che abbiano superato il tetto di spesa, risorse superiori all’importo necessario a ripianarlo.
L’incongruenza riscontrata si riverbera anche su un equilibrato e armonico assetto delle relazioni finanziarie tra lo Stato e le regioni, presidiato dall’art. 119 Cost. La lesione dei criteri che presiedono a tale assetto radica l’interesse della regione a ricorrere contro le disposizioni statali, idonee a vanificare le esigenze di distribuzione trasparente e razionale delle limitate risorse disponibili negli ambiti in cui si esplica l’autonomia garantita dalla Costituzione.
Occorre, dunque, ripristinare il rapporto di necessaria correlazione tra le risorse, già stanziate dal legislatore statale al fine precipuo di alleviare gli oneri delle imprese, e la finalità di rendere sostenibile, per le regioni, l’obiettivo di ripianare la spesa concernente i dispositivi medici.
Il punto di equilibrio tra gli interessi contrapposti si rinviene nel riconoscimento a tutte le imprese della riduzione dell’importo dovuto, a prescindere dalla scelta di abbandonare il contenzioso.
In tal modo, si pone rimedio alla irragionevolezza della disposizione impugnata e al rischio dell’assegnazione di somme ingiustificate alle regioni che hanno travalicato i tetti di spesa imposti dal legislatore statale.