Corte di Cassazione, SS.UU., ordinanza n. 13205 del 14 maggio 2024
Vero che la giurisdizione della Corte dei conti si radica, secondo quanto previsto dalla citata norma, sull’unico accertamento in ordine alla sussistenza del nesso causale fra la condotta tenuta ed il conseguente dissesto che non richiede più una causalità diretta, bensì il solo contributo causale, ma da esso consegue l’irrogazione delle sole sanzioni pecuniarie, tra un minimo e un massimo stabilito dalla norma.
Invece, le sanzioni interdittive, stabilite per gli ex amministratori (differentemente che per i revisori contabili) in misura fissa, sono un effetto automatico previsto dalla legge, così da non rendere necessaria una declaratoria («comando») del giudice .
Dal medesimo ed unico accertamento discendono dunque due effetti: quello di condanna alla sanzione pecuniaria, così come previsto dall’art. 248, comma 5 e 5-bis, del TUEL, e quello automatico e conseguenziale, di sola «sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle sanzioni interdittive o di status previste dai medesimi commi», che verranno poi applicate dall’autorità amministrativa competente.
In definitiva, il legislatore, con l’art. 248, comma 5, che qui interessa, del TUEL, nel testo risultante dalle modifiche del 2012, ha inteso attribuire espressamente al giudice contabile il potere di valutare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione non solo delle sanzioni pecuniarie ma anche delle sanzioni c.d. interdittive, ma queste ultime conseguono come effetto automatico dell’accertamento della responsabilità per dissesto. Le sanzioni c.d. di status discendono dunque non dalla volontà del giudice, ma dalla volontà del legislatore, sulla quale la volizione giudiziale, una volta espressasi sull’an della responsabilità, non può incidere. Ne consegue che la decisione del giudice contabile, una volta accertata la responsabilità dell’ex amministratore dell’Ente locale da dissesto, ha e deve avere, riguardo alle misure c.d. interdittive (quelle qui in esame), una chiara portata meramente dichiarativa della voluntas legis e dunque deve limitarsi all’accertamento della sussistenza dei presupposti per il divieto previsto dalla legge, restando la relativa declaratoria-applicazione compito dell’autorità amministrativa competente.