Anche la farmacia comunale deve avere un fatturato medio di almeno 1 milione di euro, altrimenti il Comune deve razionalizzare

Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Regione Lombardia, deliberazione n. 181/2024/VSG del 5 agosto 2024


La Sezione non ignora la funzione, anche sociale, di una farmacia comunale; funzione che, nel caso di specie, presumibilmente preesiste alla trasformazione del modello organizzativo avvenuta nel 2016 e, quindi, evidentemente ne prescinde.
I rilievi della Sezione, tuttavia, non riguardano la farmacia di cui il comune è titolare, ma si appuntano sulla non conformità della forma societaria di gestione del servizio scelta nel 2015 dal Comune, rispetto al parametro normativo dell’articolo 20, comma 2, lettera d, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (nel triennio precedente un fatturato medio di almeno un milione di euro), operativo a partire dal 2020 e a tutt’oggi non soddisfatto.
Il preteso ancoramento ad esigenze specifiche, anche aventi un ancoramento costituzionale (art. 32 Cost.), non esime, invece, che la concreta gestione del servizio farmaceutico comunale osservi le regole di finanza pubblica, salve le eventuali eccezioni espressamente previste (può farsi riferimento alle precedenti deliberazioni della scrivente Sezione n. 447/2013/PAR, 449/2013/PAR e n. 489/2011/PAR).

Tale quadro interpretativo non sembra poter essere inciso dalla disposizione contenuta nell’art. 1, comma 4, lett. a), del d.lgs. n. 175 del 2016. Dopo queste considerazioni di sistema, la medesima deliberazione n. 348/2017/PAR, più nel dettaglio, svolge le seguenti conclusioni «circa la valenza precettiva» dei parametri legali dell’articolo 20, comma 2, del decreto legislativo n. 175/2016, anche richiamando il precedente specifico della deliberazione n. 140/2016/VSG: si può ritenere che la ricorrenza di uno solo di essi non obblighi, necessariamente, l’amministrazione pubblica socia all’adozione di provvedimenti di alienazione o scioglimento, ma imponga l’esplicitazione formale delle alternative azioni di razionalizzazione prescritte dalla legge, soggette a verifica entro l’anno successivo (cfr. art. 20, comma 4, nonché, sia pure, indirettamente, l’art. 24, comma 4, del testo unico).

Per quanto riguarda, nello specifico, il servizio farmaceutico comunale, pare opportuno ricordare che l’art. 9 della legge n. 475 del 1968 dispone che la gestione possa avvenire, oltre che “a mezzo di società di capitali”, anche “in economia”, “a mezzo di azienda speciale” e “a mezzo di consorzi tra comuni per la gestione delle farmacie di cui sono unici titolari”. Inoltre, la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, Sez. III, sentenza n. 5587/2014), seguita in seguito anche dalla scrivente Sezione regionale di controllo (cfr., per esempio, deliberazioni n. 26/2016/VSG e n. 140/2016/VSG), ha ammesso l’affidamento a terzi mediante concessione preceduta da gare ad evidenza pubblica.

Nel quadro di riferimento così delineato, l’opzione dell’Amministrazione per un modello organizzativo non conforme allo schema tipico proposto dalla legge (che, si rimarca, non prevede deroghe e norme speciali per le farmacie), pur senza condurre di per sé ad una censura, implica un adeguato supporto in termini di motivazione nella consapevolezza della maggiore assunzione di responsabilità che detta scelta comporta rispetto all’ordinario paradigma normativo.

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