Gli indicatori di legittimità della co-progettazione con gli enti del terzo settore (ETS)

Spesso gli enti si trovano a dover affidare servizi sociali o socio-sanitari, e sorge subito la domanda se ed in quale misura sia lecito utilizzare gli strumenti previsti dal Codice del Terzo Settore (CTS, cioè il d.lgs. 117/2017), in particolare la co-progettazione come mezzo per affidare un servizio, e quali possono essere i rischi e/o le contestazioni che gli organi di controllo interni ed esterni possono muovere.

In questo post si procederà quindi ad un esame degli indicatori più importanti di liceità dello strumento giuridico utilizzato, sulla base della legislazione (non solo di settore), della giurisprudenza e della prassi, indicando, laddove presenti, anche i rischi più importanti. Vista la numerosità degli indicatori, per ognuno vi saranno solamente degli spunti di riflessione, non un’approfondita analisi di ciascuno.

In particolare si porterà l’attenzione sui seguenti indicatori:

  • Esclusione di ogni rimborso delle spese del personale
  • Il verbale di co-progettazione
  • Contribuzione non residuale dell’ETS alla realizzazione del servizio
  • La non applicazione delle norme in materia di IVA
  • Applicazione delle norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari (CIG e CUP in primis)
  • Iscrizione RUNTS dell’ETS
  • Comunicazione al Registro nazionale degli aiuti di Stato

Esclusione di ogni rimborso delle spese del personale

La giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cs sentenza n. 4540/2024, che richiama anche la n. 6032/2021 e il parere n. 2052/2018) sul punto è granitica: “Sotto questo profilo, si precisa, “la effettiva gratuità si risolve contenutisticamente in non economicità del servizio poiché gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore“ (pag. 14 del parere cit.). Il che significa che deve escludersi qualsiasi forma di remunerazione, anche indiretta, dei fattori produttivi (lavoro, capitale), potendo ammettersi unicamente il rimborso delle spese (“le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente“: pag. 21 del parere)

In tale sentenza il Consiglio di Stato, che postula il principio della gratuità del servizio per poter applicare gli strumenti del Codice del terzo settore, sottolinea che deve escludersi nella convenzione il rimborso delle spese del personale, ammettendo solamente i rimborsi spese del personale volontario.

Si sottolinea che la fattispecie esaminata dal Supremo consesso amministrativo verte in materia di legittimità del ricorso alla co-progettazione (con conseguente stipula della convenzione a valle), e non di una stipula di una convenzione senza procedura ad evidenza pubblica (che nel caso specifico vi era stata). Ciò rende ancora più chiaro che per il Consiglio di Stato la “gratuità” è elemento necessario anche per un affidamento in seguito ad una co-progettazione.

Anche nel parere reso nel 2018 il Consiglio di Stato è stato molto chiaro: Nei casi di co-progettazione e partenariato, pertanto, solo la comprovata ricorrenza dell’elemento della gratuità (con i caveat segnalati e di cui avanti) esclude la sussunzione della procedura entro la disciplina euro-unitaria.

Il verbale di co-progettazione

Com’è noto gli istituti previsti dal CTS sono co-programmazione, co-progettazione, convenzione e accreditamento.

Gli istituti, per essere brevi, si distinguono per il loro output caratteristico: il procedimento di co-programmazione dovrebbe avere come output un documento di programma (art. 55 comma 2: individuazione, da parte della pubblica amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili); il procedimento di co-progettazione dovrebbe avere come output il progetto di un servizio specifico (art. 55 comma 3: definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti); il procedimento di convenzionamento, ovviamente, la convenzione.

La co-progettazione può essere finalizzata anche alla “definizione e realizzazione”, insieme, quindi anche come modalità di affidamento.

La convenzione prevista dall’art. 56, ha elementi molto più stringenti: può essere stipulata solamente con organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore,…se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato.

Quindi non è possibile stipulare convenzioni per lo svolgimento di servizi e interventi sociali con soggetti diversi dalle due tipologie individuate dal legislatore, seppur iscritti al RUNTS, e, inoltre, si deve dare evidenza della convenienza economica rispetto al ricorso al mercato.

La co-progettazione, se limitata alla definizione nel dettaglio delle caratteristiche del servizio, potrebbe essere condotta, ad esempio, invitando associazione di utenti del servizio (p.es.: i malati di una determinata patologia cronica e invalidante), per poi affidare il servizio mediante procedure ad evidenza pubblica a soggetti che in grado di erogare quelle prestazioni.

Se la co-progettazione, invece, diventa uno strumento per definire gli standard e affidare il servizio in un unico procedimento, allora il rispetto della normativa deve essere attenzionata in modo molto rigoroso (ricordo che nel Codice dei contratti, e in genere negli ordinamenti giuridici, sarebbe un grave conflitto di interessi essere partecipi della progettazione e affidatari del servizio).

E’ quindi importante che vi siano documenti che attestino l’effettività della co-progettazione.

E’ in particolare importante che vi siano due documenti: un avviso per l’avvio del procedimento di evidenza pubblica per la selezione del soggetto (o dei soggetti) con cui avviare la co-progettazione, e il documento scaturito dal tavolo di co-progettazione.

Addirittura il DM 72 del 31/03/2021 stabilische che “le sessioni di co-progettazione vengono verbalizzate dal responsabile del procedimento”.

Nella sentenza n. 4540/2024 il Consiglio di Stato, censurando l’operato dell’amministrazione, ha evidenziato che il Comune …. ha sostanzialmente predeterminato gli elementi, anche di dettaglio, del servizio che l’affidatario dovrebbe svolgere, lasciando alla co-progettazione la mera definizione di aspetti secondari, secondo modalità in nulla dissimili dalla formulazione della c.d. “offerta tecnica” nell’ambito di una normale gara di appalto.

Quindi, per sostenere la legittimità del ricorso alla co-progettazione, vi dovrebbe essere un documento, addirittura un verbale, che attesti l’effettività della co-progettazione dell’intervento, e non un bando seguito da un’offerta tecnica, che sarebbe il sintomo, invece, di uno schema tipico dei contratti di appalto di servizi.

Contribuzione non residuale dell’ETS alla realizzazione del servizio 

Il modello di amministrazione condivisa prefigurata nel Codice del Terzo settore, in antitesi alla dicotomia concorrenza-solidarietà, presuppone quindi che sia l’amministrazione pubblica, sia l’ente del Terzo settore contribuiscano alla realizzazione del servizio/intervento oggetto della co-progettazione, altrimenti si ricadrebbe nel classico schema di prestazioni verso corrispettivo.

Tale contribuzione da parte dell’ETS, però, non deve essere solo residuale.

Infatti, nella già citata sentenza n. 4540/2024, il Consiglio di Stato ha “bocciato” la convenzione che prevedeva solamente una parte residuale dei costi (8%) del servizio gravante sul soggetto affidatario, mentre la maggior parte dei costi, ovvero il restante (92%) restava a carico del Comune.

Quindi la percentuale della contribuzione da parte dell’ETS dovrebbe essere sostanzialmente paritaria rispetto a quella dell’ente pubblico, se si vuole sostenere una convergenza di interessi, e non un contratto a prestazioni corrispettive.

La non applicazione delle norme in materia di IVA 

In diverse pronunce i giudici hanno evidenziato anche eventuali clausole dell’avviso o del contratto che prevedono la “fatturazione dei corrispettivi”.

In particolare il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 4540/2024, ha evidenziato che  “La stessa circostanza che il pagamento da parte del Comune avvenga dietro presentazione di fattura depone inoltre, come dedotto da parte della Cooperativa ricorrente in prime cure, per la connotazione imprenditoriale del servizio reso, con la conseguente sua assoggettabilità anche ad I.V.A, secondo la previsione dell’art. 21 del D.P.R. 633 del 1972, secondo cui “Per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili o, ferma restando la sua responsabilità, assicura che la stessa sia emessa, per suo conto, dal cessionario o dal committente ovvero da un terzo”, laddove, in applicazione dell’art. 56 comma 2 del Codice del Terzo Settore, innanzi citato, che prescrive che le convenzioni di cui sopra possono prevedere a favore delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale “esclusivamente il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate”, per le corrispondenti somme dovrebbe valere l’esclusione dall’IVA ai sensi dell’articolo 15, comma 1, n. 3), del D.P.R. n, 633/1972 (“non concorrono a formare la base imponibile: 3) le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate”).

In materia di recente l’Agenzia di recente (Risposta ad interpello n. 81/2023) ha ribadito i principi di diritto che si applicano alla fattispecie dei contributi pubblici, ricordando che In assenza di una corrispondente specifica prestazione a carico del beneficiario nei confronti dell’ente/soggetto erogante, invece, le medesime somme costituiscono ”cessioni che hanno per oggetto denaro”, fuori campo IVA per carenza del presupposto oggettivo di applicazione dell’imposta, ai sensi dell’art. 2, terzo comma, lett. a), del d.P.R n. 633 del 1972 (c.d. contributi a fondo perduto).

Se nella convenzione stipulata e nell’avviso pubblicato vi sono riferimenti alla “fatturazione”, questo è un indice di un contratto a prestazioni corrispettive, a cui deve essere applicato il codice dei contratti. Al fine, quindi, di poter qualificare come “contributo” quanto versato o messo a disposizione dall’amministrazione, dovrà essere escluso ogni adempimento in materia di IVA (fatturazione, fatturazione elettronica, split payment, ecc…), poichè i contributi pubblici a fondo perduto sono “fuori campo IVA”.

Ciò, ovviamente, deve essere oggetto di attenta valutazione, poichè ogni errore potrebbe essere sanzionato in modo molto grave.

Infatti le norme in tema di fatturazione prevedono che la P.A. sia responsabile in caso di errata applicazione dell’IVA e del conseguente mancato o insufficiente versamento dell’imposta all’Erario.

In tal senso si è espressa l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 15/E/2015In relazione all’imposta addebitata dai fornitori le PA sono responsabili del versamento all’Erario dell’imposta. L’omesso o ritardato adempimento del versamento all’erario (per conto del fornitore) da parte delle PA è sanzionato ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997 e le somme che l’ente pubblico avrebbe dovuto versare saranno riscosse mediante atto di recupero di cui all’art. 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

Quindi, qualora a seguito di accertamento fiscale, anche solo nei confronti dell’operatore privato, l’amministrazione finanziaria dovesse riqualificare i pagamenti operati dalla P.A. come corrispettivo (e non come contributo), sarebbero applicate le sanzioni, sia nei confronti del soggetto privato, sia nei confronti della P.A. Si ricorda, peraltro, che in materia di sanzioni tributarie non è necessario provare il dolo o la colpa grave.

Applicazione delle norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari (CIG e CUP in primis)

Come ormai confermato da una recente delibera ANAC (cfr https://www.iusmanagement.org/2024/01/08/tracciabilita-flussi-finanziari-e-cig-nuovi-aggiornamenti-su-convenzioni-tra-enti-pubblici-servizi-sanitari-sociali-e-socio-sanitari/), in caso di trasferimenti di denaro al di fuori del perimetro pubblico per contratti di appalto, per accreditamento istituzionale e/o per convenzioni comunque denominate, si applicano le norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari.

Tale normativa implica, com’è noto, l’identificazione del rapporto con un CIG, codice identificativo di gara che deve essere riportato in ogni atto della procedura di selezione e affidamento, nonchè in ogni documento della fase esecutiva (p.es. negli strumenti di pagamento utilizzati)

Gli obblighi, però, non si limitano all’indentificazione della procedura tramite CIG, ma bisognerà identificare nella convenzione/contratto un conto corrente dedicato al rapporto con la PA, nonchè individuare tutte le persone abilitate ad operare su tale conto corrente.

Infine, tale CIG dovrà essere oggetto di rendicontazione sulla piattaforma ANAC.

Oltre all’acquisizione del CIG, sarà necessario anche l’acquisizione del CUP (codice unico di progetto), che identifica ogni investimento e finanziamento della PA. L’acquisizione del CUP è necessitata dalla qualificazione del trasferimento di denaro come contributo (qualificazione che permette l’utilizzo degli istituti previsti dal CTS, in luogo di quelli del codice dei contratti).

Il difetto di acquisizione del CUP, già peraltro sanzionata come di seguito indicato, potrebbe anche condurre ad una riqualificazione del rapporto come contratto a prestazioni corrispettive, in luogo di contributo pubblico.

Le sanzioni per inosservanza degli obblighi di tracciabilità (pagamenti su un conto corrente non dedicato, mancata applicazione del CIG o del CUP) sono sanzionati dall’art. 6 della legge 136/2010 con l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria dal 2 al 10 per cento del valore della transazione stessa.

Inoltre, come ricordato dalla delibera CIPE n. 63/2020, ai sensi dell’art. 11 comma 2-bis della legge 3/2003, gli atti amministrativi che dispongono il finanziamento pubblico o autorizzano l’esecuzione di progetti di investimento pubblico, non identificati dal Codice unico di progetto (di seguito CUP) sono nulli (non semplicemente annullabili), con ogni conseguenza che può derivare in materia di ripetibilità dell’indebito e di responsabilità erariale del funzionario che ha autorizzato il contributo.

Iscrizione al RUNTS dell’ETS

Il presupposto per l’applicazione del CTS è l’iscrizione al RUNT (Registro Unico del Terzo Settore).

Come ha precisato l’art. 7 del DM 106/2020 “L’iscrizione nel RUNTS ha effetto costitutivo relativamente all’acquisizione della qualifica di Ente del Terzo settore e costituisce presupposto ai fini della fruizione dei benefici previsti dal Codice e dalle vigenti disposizioni in favore degli ETS

E’ quindi obbligo della PA verificare sempre l’iscrizione al RUNTS, non potendo, in mancanza di tale iscrizione, ricorrere ad una sorta di “soccorso istruttorio” per verificare la presenza di tutti gli elementi che consentono di qualificare il soggetto privato come ente del terzo settore.

Il RUNTS è peraltro accessibile a chiunque in modalità online, quindi la verifica è agevole e immediata.

Comunicazione al Registro nazionale degli aiuti di Stato

ll Registro nazionale aiuti è stato istituito per la raccolta, la gestione e il controllo dei dati e delle informazioni relativi agli aiuti di Stato, agli aiuti de minimis, e agli aiuti per i servizi di interesse economico generale (SIEG).

Il Registro risponde all’esigenza di dotare il Paese di uno strumento per verificare che le agevolazioni pubbliche siano concesse nel rispetto delle disposizioni previste dalla normativa comunitaria, specie al fine di evitare il cumulo dei benefici e, nel caso degli aiuti de minimis, il superamento del massimale di aiuto concedibile imposto dall’Unione europea.

Il Registro è progettato per consentire alle amministrazioni pubbliche titolari di misure di aiuto in favore delle imprese e ai soggetti, anche di natura privata, incaricati della gestione di tali aiuti, di effettuare i controlli amministrativi nella fase di concessione attraverso il rilascio di specifiche “visure” che recano l’elencazione dei benefici di cui il destinatario dell’aiuto abbia già goduto negli ultimi esercizi in qualunque settore.

Detto ciò, una pubblica amministrazione che eroghi un contributo ad un soggetto privato per lo svolgimento di servizi di interesse generale (qualificazione obbligatoria per applicare il CTS ex artt. 4 e 5), deve notificare tale contributi al Registro nazionale aiuti, anche al fine di verificare la compatibilità di tale aiuto con il diritto dell’Unione Europea, ed, in particolare, il non superamento del limite di 300.000 euro nel triennio, come previsto dal regime “de minimis”.

Sebbene la normativa parli di “impresa”, tale nozione nel diritto europeo che disciplina gli aiuti di Stato, è molto ampia, e non coincide con quella di impresa (o soggetto che produce reddito d’impresa) del codice civile o delle leggi tributarie.

Infatti nel considerando n. 4 del Regolamento UE 1407/2013 si specifica che “Ai fini delle norme in materia di concorrenza previste nel trattato, per impresa si intende qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento” (cfr anche Corte di Giustizia UE, C-222/04)

In tale causa il Governo Italiano sosteneva che “quanto alle attività consistenti nel destinare somme a favore di enti senza scopo di lucro nei settori di utilità sociale, attività svolte inoltre dalle fondazioni, esse non costituirebbero attività di impresa

Ma la Corte UE ha risposto che “nell’ambito del diritto della concorrenza il concetto di «impresa» comprende qualsiasi ente che eserciti un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento (v., in particolare, sentenze 23 aprile 1991, causa C‑41/90, Höfner e Elser, Racc. pag. I‑1979, punto 21, e 16 marzo 2004, cause riunite C‑264/01, C‑306/01, C‑354/01 e C‑355/01, AOK Bundesverband e a., Racc. pag. I‑2493, punto 46).

Costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato (v., in particolare, sentenze 18 giugno 1998, causa C‑35/96, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑3851, punto 36, e 12 settembre 2000, cause riunite da C‑180/98 a C‑184/98, Pavlov e a., Racc. pag. I‑6451, punto 75)

Quindi, quando un’organizzazione senza scopo di lucro offre beni e servizi al pari di qualsiasi operatore del mercato, in quel momento per la normativa sugli aiuti di Stato è un’impresa, e quindi il contributo erogato (diverso da un corrispettivo) a tale impresa deve essere registrato nel Registro nazionale aiuti.

Anche più recentemente la Corte di Giustizia UE (nella causa C‑87/23) ha stabilito che “lo status di associazione senza scopo di lucro di cui gode un’associazione non osta a che, al termine di un’analisi che tenga conto di tutte le circostanze dell’attività di quest’ultima e, in particolare, del fatto che tale attività sia comparabile al comportamento tipico di un operatore economico dello stesso settore, detta associazione possa essere considerata un soggetto passivo che esercita un’attività economica 

In caso di omissione, è interessante la recente sentenza in materia di danno erariale da mancata comunicazione al Registro nazionale aiuti di Stato (https://www.iusmanagement.org/2024/04/02/danno-erariale-per-violazione-del-regime-de-minimis-per-il-comune-che-eroga-contributi-al-consorzio-turistico-illegittimamente/)

In tale sentenza si afferma in modo chiarissimo: “Quanto alle conseguenze della violazione dell’obbligo, così come di quello, correlato, di consultazione del Registro prima della concessione dell’aiuto (anche de minimis) di cui al comma 3 dell’art. 52 della legge 234/12 e agli artt. 13 e 14 del regolamento di attuazione, viene in rilievo l’art. 17, comma 1, secondo cui l’adempimento degli obblighi costituisce, dal 1 luglio 2017, “condizione legale di efficacia dei provvedimenti di concessione e di erogazione degli aiuti individuali.”, ferme restando (comma 3) “le responsabilità previste dall’articolo 52, comma 7, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, per il caso di inadempimento degli obblighi previsti dal presente regolamento” (art. 52, comma 7, ultima parte, L.234/12: “L’inadempimento degli obblighi di cui ai commi 1 e 3 nonchè al secondo periodo del presente comma è rilevato, anche d’ufficio, dai soggetti di cui al comma 1 e comporta la responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell’erogazione degli aiuti”)”.

Anche al fine di verificare se e quali contributi pubblici siano registrati nel suddetto registro, è possibile effettuare una ricerca a questa pagina: https://www.rna.gov.it/trasparenza/aiuti. Per provare, potete inserire il codice fiscale di un ETS molto noto in tutta Italia (97227450158).

Conclusioni

Spero in queste poche riflessioni di essere stato d’aiuto a coloro che dovrano individuare lo strumento corretto per stipulare dei negozi giuridici con gli ETS, conscio della complessità e pluralità di norme applicabili, che non si limitano ai pochi articoli del Codice del Terzo Settore.

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