L’art. 11, comma 3, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105 , nel consentire il superamento del divieto di cui all’art. 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 , per coloro che ricoprano incarichi di vertice negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, si riferisce agli uffici di diretta collaborazione ministeriali (Ministri e vice Ministri).
Tuttavia, la previsione contenuta nell’art. 3, comma 1, del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44 : “Le regioni possono applicare, senza aggravio di spesa, l’articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, secondo i principi di cui all’articolo 27 del medesimo decreto legislativo. Resta fermo il divieto per il personale addetto di effettuare qualsiasi attività di tipo gestionale, anche laddove il trattamento economico ad esso riconosciuto sia stato parametrato al personale di livello dirigenziale”, fa ritenere direttamente applicabile, con le limitazioni in essa previste, la norma derogatoria in esame ai diretti collaboratori dei Presidenti regionali. In questi casi, non si pone, dunque, alcun problema di disciplina dell’ipotesi della modifica di status del soggetto incaricato (da dipendente a pensionato) nel corso dell’espletamento del mandato, essendo la possibilità del conferimento a soggetto in quiescenza prevista ab origine e non potendosi configurare alcuna ipotesi di elusione della norma in questione, dovendo soltanto essere assicurato il rigoroso rispetto del perimetro attribuito dal legislatore a tale regime derogatorio.
Nel conferimento, in concreto, dell’incarico di vertice degli uffici di diretta collaborazione l’autorità politica regionale dovrà assicurare, innanzitutto, l’assenza di aggravio di spesa (anche traducibile in termini di utilità e proficuità della stessa in relazione ai compiti da svolgere effettivamente), poi, nell’ipotesi di modifica di status del soggetto incaricato (da dipendente a pensionato) nel corso dell’espletamento del mandato, dovrà verificare il rispetto sia del limite del trattamento economico complessivo fissato ai sensi dell’art. 23-ter, comma 1, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 sia del limite di incumulabilità del trattamento pensionistico eventualmente ottenuto avvalendosi del regime di pensione anticipata previsto dal decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (c.d. quota 100, poi divenuta 102 e 103) sia, ancor prima, nel caso trattasi di dipendente pubblico, della corretta applicazione dell’art. 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 in materia di incompatibilità, cumulo di impieghi ed incarichi. Stretta dovrà essere, altresì, l’osservanza del limite normativamente imposto in ordine alla impossibilità per tali figure di “effettuare qualsiasi attività di tipo gestionale, anche laddove il trattamento economico ad esso riconosciuto sia stato parametrato al personale di livello dirigenziale”. L’analisi non potrà che essere condotta in concreto, prescindendo dal nomen iuris attribuito alla singola prestazione oggetto dell’incarico, “al fine di non incorrere in condotte elusive della disposizione normativa in argomento”, come ben sottolineato in un parere dell’Ufficio Legislativo del Ministro per la pubblica amministrazione (Prot. n. ULM_FP-0000938-P-11/10/2023) reso, su richiesta dell’Anci, in materia di interpretazione dell’art. 11, comma 3, d.l. 105/2023. Nel parere sopra citato si rinviene anche una utile esemplificazione di attività afferenti la gestione dell’ente strettamente intesa, proprie della dirigenza pubblica e come tali vietate agli incaricati di vertice degli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche: “concretantesi: a) nell’adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l’Amministrazione verso l’esterno; b) nella gestione finanziaria, tecnica e amministrativa che esercita tramite autonomi poteri di spesa e di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo”.