La tardiva stipula del contratto per colpa dell’amministrazione è responsabilità precontrattuale. Illustrati i criteri per il risarcimento

Consiglio di Stato, sentenza n. 7574 del 13 settembre 2024

La società appellante ha partecipato alla procedura di gara indetta dal Ministero e ne è risultata aggiudicataria come da comunicazione in data 11 aprile 2008. Nei successivi otto anni il Ministero, benché sollecitato con lettere, diffide e incontri formali, non è mai addivenuto alla stipula del contratto

Con il ricorso in primo grado la società ha chiesto il risarcimento dei danni conseguenti all’illegittimo provvedimento di revoca e al comportamento colposo dell’amministrazione, evidenziando come dall’aggiudicazione, risalente al 2008, l’amministrazione abbia lasciato trascorrere bene otto anni (2016) per addivenire alla sottoscrizione del contratto

Fondata è nei limiti che seguono, la domanda di risarcimento a titolo di responsabilità precontrattuale, che prescinde dalla legittimità o meno del provvedimento (secondo una giurisprudenza consolidatasi principalmente proprio in materia di revoca dell’aggiudicazione : Cons. Stato, V, 23 novembre 2018, n. 6633), in quanto è responsabilità da comportamento e non già da provvedimento (Cons. Stato, V, 10 agosto 2018, n. 4912; IV, 20 febbraio 2014, n. 790).

Sussistono i presupposti della responsabilità precontrattuale del Ministero per violazione dei doveri di correttezza e buona fede e di un legittimo e ragionevole affidamento in capo alla società appellante, non inficiato da elementi di colpa.

Il danno risarcibile in caso di responsabilità precontrattuale è limitato al c.d. interesse contrattuale negativo, che copre sia il danno emergente (spese documentate per la partecipazione alla gara) che il lucro cessante (Cons. Stato, V, 12 luglio 2021, n. 5274), essendo in particolare astrattamente ammesso anche il ristoro della perdita di chance per le sole occasioni di guadagno alternative cui l’operatore economico avrebbe potuto attingere in assenza del contegno colposo dell’amministrazione (Cons. Stato, VII, 10 maggio 2022, n. 3661).

Si applicano, come noto, al giudizio amministrativo in materia di responsabilità precontrattuale i principi sull’onere della prova di cui all’art. 2697 cod. civ., incombendo dunque in capo al ricorrente la prova del danno – conseguenza (che si concretizza, come già detto, nelle perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate).

A questo riguardo, va osservato che la ricorrente con la perizia tecnica depositata in primo grado (redatta dall’ing. Antonio Trotta) ha indicato il mancato utile (che non costituisce parametro della responsabilità precontrattuale).

Con riguardo alle spese ed ai costi inutilmente sopportati per la preparazione dell’offerta e per la partecipazione alla procedura di gara possono essere riconosciuti, alla stregua della perizia predetta (allegato 3), seguendo il processo deduttivo del “più probabile che non”, ed in assenza di contestazioni ex adverso, le spese concernenti la polizza provvisoria (indicata in euro 250,00) e la polizza definitiva (ammontante ad euro 2.000), i “costi specifici di gara” (ammontanti ad euro 1.000), nonché gli “oneri tecnici relativi alla redazione del progetto esecutivo cantierabile modificato sulla base dello stato dei luoghi“ (pari ad euro 2.000), per un totale di euro 5.250,00.

Non è documentato il danno da perdita di chance, intesa come perdita di ulteriori occasioni di stipula di contratti altrettanto o maggiormente vantaggiosi, e non può riconoscersi il danno curriculare, derivante cioè dalla mancata stipulazione ed esecuzione del contratto, che preclude di fare valere, da parte della società appellante, nelle future contrattazioni, il requisito economico pari al valore dell’appalto non eseguito (Cons. Stato, IV, 7 febbraio 2012, n. 662).

Ed invero il danno curriculare non è risarcibile nell’ambito della responsabilità precontrattuale, in quanto ontologicamente non diverso dal danno legato al mancato perseguimento dell’interesse positivo, o, per meglio dire, derivando dalla mancata esecuzione dell’appalto, e non già dall’inutilità della trattativa (Cons. Stato, V, 29 dicembre 2014, n. 6406).

In particolare, il danno curriculare (ovvero il pregiudizio subito dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale per non potere indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto) risulta incompatibile con la responsabilità precontrattuale, in quanto danno-evento conseguente alla mancata stipulazione del contratto.

Non spetta inoltre l’indennizzo ex art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990 in conseguenza della revoca, atteso che lo stesso, parametrato al solo danno emergente, si pone in alternativa alla responsabilità precontrattuale, spettando allorché l’esercizio del potere di autotutela, oltre ad essere legittimo, si accompagni ad un complessivo comportamento, improntato al rispetto dei principi di correttezza e buona fede (Cons. Stato, IV, 7 febbraio 2012, n. 662).

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