Servizi di accoglienza: danno erariale (a titolo di dolo) di oltre 4 milioni per sovrafatturazione, mancata rendicontazione e avvio anticipato delle prestazioni

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, sentenza n. 215 del 10 ottobre 2024

Le convenzioni del servizio di accoglienza tra il soggetto attuatore ed i predetti soggetti vennero tutte stipulate dopo il D.P.C.M. n. 3948 del 20 giugno 2011 (tra luglio ed agosto), che stabiliva in modo preciso le modalità per la realizzazione dell’intervento, sostanzialmente non più in gestione diretta della protezione civile e delle Prefetture (come in un primo momento) ma esternalizzato ad associazioni private o comuni. La quasi totalità dei predetti enti, individuati dal soggetto attuatore come gestori del servizio di accoglienza, vennero contattati prima della formalizzazione degli accordi con il soggetto attuatore (in specie il sindaco di Riace pro-tempore, il convenuto Y, come da lui stesso ammesso: vedi infra), e, in particolare, alcune società cooperative iniziarono a svolgere immediatamente le loro prestazioni.

Il Pubblico Ministero, sulla scorta della relazione della Guardia di finanza ha contestato un danno erariale pari agli indebiti  vantaggi arrecati agli enti affidatari grazie a varie illegittimità (sia in fase di stipula che di esecuzione delle convenzioni), computato in misura pari alla differenza tra l’importo imponibile liquidato alle singole cooperative ed ai singoli comuni nel 2011 e nel 2012 (importo comprensivo di compensi di 46 €/die per migranti, di 80 €/die per migranti qualificati soggetti fragili, di 5-8 €/die per posti lasciati a disposizione), e l’importo astrattamente spettante (computato sulla base del numero di posti effettivamente occupati – compresi i posti occupati da migranti appartenenti a categorie protette, ma esclusi i “posti lasciati a disposizione” – moltiplicato per un compenso di soli 40 €/die).

Tale danno complessivo è stato calcolato dalla Guardia di finanza in complessivi € 5.283.426,19, di cui € 2.932.870,47 a titolo di maggiorazione del compenso ordinario (differenza tra compenso maggiorato effettivamente corrisposto di 46 €/die, e compenso effettivamente spettante di 40 €/die), € 1.468.880,00 a titolo di maggiorazione del compenso per assistenza a categorie fragili (donne in cinta/minori non accompagnati/famiglie monoparentali/disabili) (maggiorazione pari alla differenza tra compenso unitario di 80 €/die e compenso spettante di 40 €/die) ed € 947.541,00 per posti non occupati (di cui € 582.660,00 asseritamente non previsti in convenzione)

Nel merito della prospettazione attorea, ritiene il Collegio che – sebbene varie illegittimità (sopra ed oltre evidenziate) siano state commesse sia in fase di scelta del contraente che in fase di stipula ed esecuzione delle convenzioni – tuttavia esse non rendono automaticamente indebiti i pagamenti effettuati, ovvero non determinano automaticamente un danno ingiusto risarcibile in questa sede. Invero, la circostanza che alcuni soggetti possano essere stati avvantaggiati a scapito di altri in sede di scelta del contraente, sicuramente determinerebbe una illegittimità che può essere significativa di dolo, ma non di danno di per sé, a meno che non si provi un danno da lesione della concorrenza (nella fattispecie, nemmeno contestato in citazione, oltre che non provato). 

Viceversa, costituiscono certamente danno i vantaggi indebitamente arrecati alle società affidatarie in sede di stipula del contratto e/o di esecuzione del servizio di assistenza, nei limiti in cui siano positivamente accertati – in presenza di ulteriori circostanze significative – i vantaggi ai privati (eccessività del compenso o inesattezza della controprestazione), vantaggi che sono contestati in citazione nei sensi e limiti seguenti.

In primo luogo, quanto ai compensi ordinari per migranti (46 €/die), in linea generale la citazione evidenzia come la Sezione del controllo avesse contestato l’illegittimità dell’attribuzione generalizzata del compenso nella misura massima di 46 €/die in mancanza di ogni documentazione sulle somme spese e senza apposita motivazione sul punto . 

In particolare, poi, la citazione evidenzia che il compenso omnicomprensivo per l’assistenza ai migranti avrebbe dovuto essere di 40 €/die (come da D.P.C.M. n. 2090 del 2.5.2011), e solo in casi eccezionali debitamente giustificati e documentati avrebbe potuto essere incrementato ad 46 €/die (come da note del Commissario Delegato del 7.5.2011 e del 16.5.2011); quindi contesta come danno solo quello derivante dalla maggiorazione di 6 €/die concessa agli affidatari del servizio con le convenzioni “a pioggia”, ovvero in via generale e senza apposita giustificazione e rendicontazione la maggior somma corrisposta ai soggetti attuatori, ovvero un danno pari  al prodotto tra i giorni di presenza nelle strutture, il numero di migranti presenti in quei giorni (escluse le categorie protette, vedi infra) e i 6 €/die.

Tale impostazione può essere condivisa solo in parte. Anzitutto, come efficacemente evidenziato dalle difese dei convenuti, con il D.P.C.M. n. 3948 del 20.6.2011 il compenso omnicomprensivo massimo riconoscibile agli affidatari del servizio passava da 40 a 46 € /die, senza bisogno di apposita giustificazione o motivazione se non per compensi eccezionalmente eccedenti questo nuovo limite, ferma restando ovviamente la necessità di rendicontazione: quindi, al momento della stipula delle convenzioni (dal luglio 2011 in poi) il limite massimo di 40 €/die non era più vigente. Pertanto, l’attribuzione di un maggior corrispettivo senza adeguata documentazione di sostegno risulta ex se illegittimo solo per il riconoscimento di compensi maggiorati nei periodi precedenti il 25.6.2011 (pubblicazione in G.U. del D.P.C.M. 3948/2011), quando le società incaricate rendevano il servizio nella vigenza di un limite massimo assentibile di 40 €/die (vigendo il D.P.C.M. 2090/2011).

Inoltre, per il periodo successivo al 25.6.2011, l’attribuzione generalizzata e immotivata (in convenzione e in fase esecutiva) di un compenso nella misura massima (46 €/die) indubbiamente costituisce una illegittimità, come stigmatizzato dalla Sezione del controllo, in quanto i provvedimenti emergenziali indicavano tale compenso come misura massima, ed imponevano una ricerca di mercato, una valutazione dell’esperienza nel settore ed una rendicontazione e giustificazione in relazione agli importi effettivamente spesi, e quindi il compenso corrisposto ben poteva essere fissato e/o corrisposto in misura minore. 

Tuttavia, anche in tal caso l’illegittimità non comprova di per sé un danno, in mancanza di allegazione e prova o del fatto la stessa o altre strutture fossero disponibili a fornire quel servizio per un importo più basso, o del fatto che al compenso predetto non corrispondesse un’effettiva controprestazione della quantità e qualità dovuta (ovvero un danno da alterazione del sinallagma contrattuale). Nei casi oggetto del presente procedimento, la Guardia di finanza non ha accertato tramite riscontri diretti (ad esempio tramite riscontro incrociato sulle presenze di migranti e verifiche in loco) né l’esistenza di altre strutture disponibili a fornire le prestazioni di cui al capitolato CARA per un compenso inferiore a quello massimo, né che la quantità e qualità dei servizi resi fosse inferiore; bensì ha effettuato soprattutto accertamenti documentali (a quanto consta in atti), fornendo quindi solo elementi indiziari che possono far presumere l’eccessività del prezzo o l’inesattezza della prestazione resa (come l’inadeguatezza delle strutture a disposizione). Pertanto, si può prendere in considerazione questa quota di danno, solo se e nei limiti in cui essa possa ritenersi comprovata (anche per presunzioni) un’alterazione del sinallagma contrattuale (in fase genetica o funzionale), con una separata disamina dei singoli affidamenti.

In secondo luogo, quanto ai compensi maggiorati per categorie fragili (di € 80/die), va evidenziato che l’unico provvedimento emergenziale che prevedeva tale maggiorazione era il D.P.C.M. n. 3933 del 13.4.2011, ma solo per i “minori non accompagnati”, solo a favore dei Comuni, solo a carico del Ministero del lavoro, e nel limite di 500 posti; la nota del Commissario Delegato del 7.5.2011, diretta anche a tutti i soggetti attuatori, e l’art. 4 D.P.C.M. n. 3948 del 20.6.2011 si limitavano a richiamare il contenuto di detta ordinanza e ribadire che il contributo era previsto solo con riferimento ai minori non accompagnati e a cura di uno specifico “Soggetto attuatore” da nominare di intesa con il Ministero del lavoro. Nell’udienza del 3.5.2022 la difesa del X ha prodotto copia della nota del Commissario delegato n. prot. DIP/002979 del 13.7.2011 con la quale si precisava che – dal punto di vista contabile – le spese per i minori non accompagnati “richiedenti asilo” erano a carico del Soggetti attuatori regionali, mentre per i minori non accompagnati “non richiedenti asilo” erano a carico del Soggetto attuatore per i minori (il Forlani): ma la nota precisava che spettava solo a quest’ultimo Soggetto l’individuazione delle strutture idonee ad ospitare tali minori, e non consta da nessun atto che le strutture convenzionate con il X lo fossero.

Pertanto, il riconoscimento da parte del X di un compenso maggiorato – non solo per i minori non accompagnati, ma anche per una serie di soggetti fragili (come sopra precisato) – non era assolutamente giustificata, sia perché l’individuazione delle strutture per l’accoglienza ai minori non accompagnati non era di competenza del X, sia perché non poteva essere concessa per tutte le categorie previste in convenzione, ma solo per i minori: ai sensi dell’art. 7 comma 3 del D.P.C.M. 3948/2011 avrebbe sì potuto essere concessa una maggiorazione, rispetto al limite di 46 €/die, in casi eccezionali e motivati, ma solo su autorizzazione del Commissario Delegato, mai rilasciata. Va poi considerato, ai fini della valutazione di congruità del compenso, che alla fine del periodo emergenziale il compenso era stato fissato generi- 99 camente di 35 €/die, anche per le categorie fragili, potendosi fissare anche un compenso minore, solo per le altre categorie.

Essendo incontroverso tra le parti che detti migranti “fragili” siano stati ospitati, nel computo della Guardia di Finanza questa voce di danno è stata liquidata in misura pari al prodotto tra il numero di presenze di migranti delle categorie “protette” e la differenza tra la somma riconosciuta (€ 80 al giorno) e quella comunque dovuta per i migranti in genere (€ 40 al giorno). Tuttavia, considerando, da un lato, un maggior costo di mantenimento per queste categorie (disabili, donne in gravidanza) che certamente avrebbe legittimato la corresponsione della misura massima di 46 €/die prevista dal D.P.C.M. 3948 del 20.6.2011 in poi, nonché la convenzione tra il Comune di Caulonia ed il Soggetto attuatore per i minori richiedenti asilo a 67 €/die; dall’altro, che non risulta con chiarezza quali fossero le categorie concretamente assistite (quanti minori, quante donne in gravidanza, quanti disabili), né i relativi costi maggiorati necessari, si rende necessario procedere ad una liquidazione in via equitativa (ex art. 1226 c.c.) del danno e dei vantaggi comunque arrecati a categorie fragili, riducendo l’addebito alla metà dei 40 €/die contestati come maggiorazione indebita, ovvero considerare lecita l’attribuzione di 60 €/die e indebita la restante quota di 20 €/die. Il danno potrà quindi essere riconosciuto nella misura della metà di quanto contestato nei conteggi attorei (20 €/die, la metà dei 40 €/die contestati). 

Quanto ai compensi per “posti lasciati a disposizione”, ovvero resi disponibili ma non effettivamente occupati da migranti, è indubbio che l’erogazione degli stessi era stata astrattamente prevista a partire dal D.P.C.M. n. 3948 del 20.6.2011, mentre non era prevista dai provvedimenti emergenziali precedenti ; e – sebbene nell’ambito di una contrattazione attenta agli interessi erariali potesse in astratto imporsi agli assegnatari dessero una disponibilità di posti senza prevedere un compenso siffatto (così è avvenuto in seguito in alcune strutture, come si dirà) – non può in questa affermarsi la manifesta irragionevolezza di questa scelta in quanto tale, in quanto essa tendeva ad aumentare le disponibilità di posti per l’accoglienza e quindi era giustificabile nell’ottica emergenziale. Pertanto, erroneamente la Procura contesta come danno l’intero importo dei compensi per “posti lasciati a disposizione”.

Tuttavia, in alcuni casi le convenzioni non prevedevano affatto compensi per i “posti a disposizione”; né può ritenersi che l’entrata in vigore del D.P.C.M. n.3948 del 20.6.2011 automaticamente ne consentisse il pagamento a prescindere da apposita previsione contrattuale, in quanto l’ordinanza autorizzava tali compensi “in relazione all’esigenza di favorire la più ampia distribuzione nel territorio dei cittadini richiedenti asilo” (ovvero in funzione di un aumento dei posti disponibili per l’accoglienza). Pertanto, se in convenzione nulla era previsto in merito a tali compensi ed i privati si erano comunque obbligati a garantire un certo numero di posti (nell’esercizio dell’autonomia contrattuale), tale erogazione era del tutto ingiustificata per i posti già convenzionati, e costituiva una mera regalia.

Le condotte sopra indicate come causa dei danni risultano antigiuridiche e colpevoli, essendo state poste in essere in violazione non solo della generale regola del buon andamento (97 Cost.) e dell’economicità dell’azione amministrativa (art. 1 L.241/1990), ma anche delle specifiche regole emergenziali che fissavano una precisa procedura per l’affidamento del servizio di assistenza ai migranti convenuti.

Anzitutto, la gestione del servizio risulta essere stata inizialmente svolta in via di fatto, senza che fosse stata stipulata alcuna convenzione che regolasse i rapporti tra Soggetto attuatore ed ente formalmente gestore del servizio (ovvero il Comune di Caulonia); essendo pacificamente comprovato atti che la convenzione, pur recando la data del 4.7.2011 e un decorrenza dal 23.7.2011, era in realtà stata sottoscritta dopo l’approvazione in Giunta, solo nel novembre 2011. Quindi – a seguito di detta approvazione – sono stati riconosciuti retroattivamente compensi (erogati tramite i successivi riconoscimenti di debito) per periodi da luglio a novembre, in cui mancava ogni formale titolo di spesa.

Inoltre, pur consentendo una deroga alle regole generali degli appalti per motivi di urgenza, le ordinanze emergenziali disponevano espressamente che il servizio in esame fosse affidato direttamente dal “Soggetto attuatore” (tramite apposite convenzioni) a soggetti “ pubblici o privati” da lui individuati tramite “ricerche di mercato”, previa valutazione dell’esperienza pregressa nel settore: in nessun modo si prevedeva una gestione indiretta dell’assistenza ai migranti, tramite subaffidamento generalizzato del servizio dall’ente gestore a terzi non selezionati dal “soggetto attuatore” e non convenzionati, anche per l’ovvia necessità di evitare svolgimento di servizi pubblici in violazione di norme di legge (anche antimafia).

Inoltre, il meccanismo creato determinava una generalizzata esternalizzazione del servizio di assistenza ai migranti (in seguito parzialmente ridotta, ma con riferimento solo ad attività residuali riservate al Comune), senza che fosse stata effettuata alcuna previa “ricerca di mercato” e alcuna valutazione del compenso da attribuire, tanto nella scelta del Comune come affidatario.

Infine, e soprattutto, l’affidamento del servizio di assistenza al Comune per un compenso di 46,00 €/die per migrante (80 €/die per le categorie vulnerabili) risulta effettuato nella misura massima senza alcuna ponderazione della congruità della somma decisa, e risulta invero irragionevole considerato l’importo (molto inferiore) del contributo concesso prima che dopo la ge- stione del Soggetto attuatore (al massimo € 35,00 al giorno per migrante, compresi i minori) e le modalità “domiciliari” con cui veniva svolta tale gestione.

Analoghe illegittimità possono riscontrarsi in sede di esecuzione della convenzione, in quanto il pagamento di somme comprensive perfino di un compenso per posti a disposizione non previsti in convenzione determinava un abusivo ed ingiustificato arricchimento del consorzio sub-affidatario del servizio.

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