In caso di diffusione di un filmato non autorizzato, a volte le scuse pubbliche possono bastare

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza del 4 ottobre 2024 nella causa C‑507/23

Il ricorrente nel procedimento principale è noto in Lettonia come giornalista esperto nel settore automobilistico.  Nell’ambito di una campagna diretta a sensibilizzare i consumatori riguardo ai rischi che si corrono in occasione dell’acquisto di un veicolo usato, il PTAC ha diffuso, su diversi siti Internet, un filmato che, in particolare, metteva in scena un personaggio che imitava il ricorrente nel procedimento principale, senza che quest’ultimo vi avesse acconsentito.

Malgrado l’opposizione da esso espressa riguardo alla realizzazione e alla diffusione di tale filmato, essa è rimasta disponibile on line. Inoltre, il PTAC ha respinto le sue domande espresse dirette a ottenere l’interruzione di tale diffusione e un risarcimento per pregiudizio alla sua reputazione.

 Il ricorrente nel procedimento principale ha allora adito l’administratīvā rajona tiesa (Tribunale amministrativo distrettuale, Lettonia), al fine, da un lato, di far constatare l’illegittimità del comportamento del PTAC, consistente nell’utilizzo e nella diffusione dei suoi dati personali senza autorizzazione, nonché, dall’altro, di ottenere il risarcimento del danno immateriale da esso subito, sotto forma di presentazione di scuse e di un risarcimento pari a EUR 2 000. Dopo aver dichiarato illegittimo tale comportamento, detto giudice ha ingiunto al PTAC di porvi fine e di presentare scuse pubbliche al ricorrente nonché di pagargli un risarcimento di EUR 100 a titolo di riparazione del danno immateriale subito.

 Con sentenza del 20 maggio 2023, l’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale, Lettonia), statuendo in appello, ha confermato, sul fondamento dell’articolo 6 del RGPD, l’illiceità del trattamento dei dati personali effettuato dal PTAC e ha ingiunto, facendo applicazione dell’articolo 14 della legge del 2005, la cessazione di tale comportamento nonché la pubblicazione di scuse sui siti Internet che avevano diffuso il filmato. Per contro, tale giudice ha respinto la domanda di risarcimento pecuniario del danno immateriale subito dal ricorrente nel procedimento principale. A tale riguardo, esso ha, in particolare, considerato che la violazione commessa non era grave, in quanto il filmato aveva lo scopo di eseguire un compito di interesse pubblico e non di nuocere alla reputazione, all’onore e alla dignità del ricorrente.

La Corte di Giustizia, interpellata dalla Corte di Cassazione, ha stabilito che:

1)      L’articolo 82, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), letto alla luce dell’articolo 8, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che:

una violazione delle disposizioni di tale regolamento non è di per sé sufficiente a costituire un «danno», ai sensi di detto articolo 82, paragrafo 1.

2)      L’articolo 82, paragrafo 1, del regolamento 2016/679 deve essere interpretato nel senso che:

la presentazione di scuse può costituire un risarcimento adeguato di un danno immateriale sul fondamento di tale disposizione, segnatamente qualora sia impossibile ripristinare la situazione anteriore al verificarsi del danno, a condizione che detta forma di risarcimento sia tale da compensare integralmente il danno subito dall’interessato.

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