E’ un obbligo delle Regioni, giudizialmente esigibile, determinare fabbisogno e tetti di spesa per gli accreditamenti

Consiglio di Stato, sentenza n. 8472 del 23 ottobre 2024

Sussiste un obbligo normativo in capo all’Amministrazione regionale di emanare l’atto di determinazione del fabbisogno, da intendersi autonomo e indipendente dall’atto di determinazione dei tetti di spesa e dagli schemi di contratto.

La doverosità dell’azione amministrativa si ricava dall’art. 8-quater del d.lgs. n. 502/1992, che prevede, al fine di individuare i criteri per la verifica della funzionalità rispetto alla programmazione nazionale e regionale, il dovere, in capo alla Regione, di definire il fabbisogno di assistenza secondo le funzioni sanitarie individuate dal Piano sanitario regionale, per garantire i livelli essenziali ed uniformi di assistenza, nonché gli eventuali livelli integrativi locali e le esigenze connesse all’assistenza integrativa di cui all’articolo 9.

Conseguentemente, la norma prevede che l’accreditamento istituzionale è rilasciato dalla Regione alle strutture autorizzate, pubbliche e private, subordinatamente alla “…loro funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e alla verifica positiva dell’attività svolta e dei risultati raggiunti”.

Sulla base di tali disposizioni, la Sezione, premessa “l’autonomia dei procedimenti aventi rispettivamente ad oggetto la determinazione del fabbisogno e dei tetti di spesa, a prescindere dal nesso di consequenzialità tra essi ravvisabile (in quanto funzionali a garantire, sul piano della analisi delle esigenze assistenziali e della corrispondente individuazione delle risorse e degli strumenti per farvi fronte, il soddisfacimento dei LEA)”, ha già avuto modo di chiarire che “l’atto di determinazione del fabbisogno è atto amministrativo doveroso, autonomo e indipendente dall’atto di determinazione dei tetti di spesa e degli schemi di contratto” (cfr. Cons. St., sez. III, n. 5644/2022; id., n. 5293/2019).

Il Consiglio di Stato ha inoltre chiarito che “gli accreditamenti presuppongono un atto di accertamento e programmazione dei fabbisogni, che costituisce un atto doveroso per una corretta gestione degli accreditamenti. Se è chiaro che non possono essere concessi accreditamenti in eccesso rispetto al programma dei fabbisogni, è tuttavia necessario che l’atto programmatorio esista, per potersi verificare se nuovi accreditamenti possono o meno essere concessi.

La doverosità dell’atto di accertamento e programmazione discende dalla citata previsione dell’art. 1, c. 796, lett. u) l. n. 296/2006.

Che si tratti di un procedimento ad iniziativa d’ufficio non esclude la sussistenza dell’obbligo di provvedere, atteso che l’art. 2 l. n. 241/1990 impone di adottare un provvedimento espresso sia quando si tratti di procedimenti ad iniziativa di parte, sia quando si tratti di procedimenti da iniziarsi d’ufficio, purché vi sia un obbligo legale di provvedere (art. 2, c. 1: “Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso”).

Inoltre, sussiste la legittimazione e l’interesse di chi chiede l’accreditamento, a far accertare la illegittimità del silenzio nell’adozione del presupposto atto di accertamento e programmazione dei fabbisogni:

– da un lato, in assenza di tale atto, gli accreditamenti non possono essere concessi, e da ciò deriva l’interesse del privato a che l’Amministrazione adotti tutti gli atti necessari per poter avviare e concludere il procedimento ad iniziativa di parte;

– dall’altro lato, il chiaro dettato normativo che si desume dagli artt. 2 e 13 l. n. 241/1990, evidenzia che gli atti normativi, generali, di pianificazione e programmazione, se sono sottratti alle norme sulla partecipazione procedimentale (capo III della l. n. 241/1990), non sono sottratti alle norme di principio del procedimento amministrativo (capo I della l. n. 241/1990), sicché, in relazione ad un atto di programmazione quale quello per cui è processo, non può escludersi la sussistenza dell’obbligo di adottarlo e la giustiziabilità della relativa violazione” (cfr. CGARS, sez. giurisd., 9 ottobre 2020, n. 905; CGARS, sez. giurisd., 12 gennaio 2021, n. 25).

Non è peraltro superfluo rilevare che, nel caso oggetto del presente giudizio, la difesa regionale ha rappresentato di aver azionato il procedimento finalizzato alla determinazione di nuovi criteri per la definizione del fabbisogno di prestazioni di specialistica ambulatoriale, attualmente in corso di svolgimento, così dimostrando di ritenere sussistente un obbligo giuridico di provvedere al riguardo.

Per tali ragioni, in riforma della decisione impugnata, il ricorso di primo grado deve essere dichiarato ammissibile e procedibile, nonché fondato, dovendosi accogliere l’azione avverso il silenzio, al fine della dichiarazione dell’obbligo della Regione di provvedere.

Conseguentemente, la Regione Basilicata è condannata a provvedere, entro 120 (centoventi) giorni dalla comunicazione della presente sentenza, all’adozione di un provvedimento espresso di determinazione dei fabbisogni regionali e della determinazione dei limiti di prestazioni e di spesa per l’annualità dal 2019 al 2023.

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