Corte di Cassazione, ordinanza n. 27508 del 23 ottobre 2024
X premesso: a) di essere dipendente senza soluzione di continuità dall’1.8.1996 della Regione in virtù di una pluralità di contratti a termine, quale dirigente nell’ambito dei “Servizi affari generali, giuridici e programmazione finanziaria della direzione generale reti infrastrutturali, logica e sistemi di mobilità”; b) di aver ricevuto dal 2006 al 2016 un trattamento retributivo inferiore ai dirigenti di ruolo di pari inquadramento nonostante l’identità di funzioni; chiedeva di accertare e dichiarare il proprio diritto al trattamento complessivo percepito dai dirigenti a tempo indeterminato comparabili della Regione, con conseguente condanna della parte datoriale al pagamento delle differenze retributive.
La Suprema Corte ha ricordato che la regola di diritto eurounitaria è riassumibile nel senso che la disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato ed a tempo indeterminato non è consentita, a meno che la specificità delle funzioni la giustifichi (sicché viene a mancare nel dettaglio l’elemento della c.d. “comparabilità), oppure se a fondamento vi sia una “legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro” (Cass., Sez. L, n. 29455/2020).
In definitiva, le “ragioni oggettive”, atte a giustificare una diversità di trattamento, possono essere integrate (per tutte, Cass. n. 705/2021) solo da elementi precisi e concreti di differenziazione che contraddistinguano le modalità di lavoro e che attengano alla natura ed alle caratteristiche delle mansioni espletate (Regojo Dans, cit., punto 55 e con riferimento ai rapporti non di ruolo degli enti pubblici italiani Corte di Giustizia 18.10.2012, cause C302/11 e C305/11, Valenza; 7.3.2013, causa C393/11, Bertazzi).
Orbene, la sentenza impugnata, anche sotto tale essenziale profilo, si è discostata dai principi più volte affermati da questa Corte ed, erroneamente, ha ritenuto non violato nella specie il principio di non discriminazione, pur in presenza «della stessa classificazione dei colleghi di ruolo», dando ingiustificata evidenza ad elementi non dirimenti perché del tutto estranei alla natura e alle caratteristiche delle mansioni espletate, come le modalità di reclutamento (per concorso o per chiamata diretta), la diversa «esperienza professionale» di provenienza dei dirigenti a termine, le concrete modalità di assunzione dell’incarico dirigenziale, l’esigenza (predicabile solo per i dirigenti di ruolo) di uniformare il trattamento economico al principio di onnicomprensività della retribuzione.
Anche con riferimento alla corretta ripartizione dell’onere probatorio, la Corte distrettuale, svalutando l’identità della classificazione professionale rinveniente dalla contrattazione collettiva ed evidenziando che i ricorrenti non avevano fornito la prova della “comparabilità” delle mansioni svolte, non si è affatto uniformata all’indirizzo di legittimità. E’ stato ribadito, infatti, che sull’ente datore ricade l’onere di allegazione e prova della sussistenza di elementi precisi e concreti tali da giustificare la disparità di trattamento tra lavoratori con rapporto a termine e quelli assunti a tempo indeterminato; il lavoratore è, invece, tenuto a provare, quale fonte negoziale integrante fatto costitutivo del proprio diritto, la prestazione lavorativa a tempo determinato, nonché l’inquadramento ricevuto e l’inadempimento all’obbligo di corresponsione del trattamento retributivo (da ultimo, Cass., Sez. L, n. 8782/2023)”.