La Procura Regionale ha convenuto in giudizio i signori P.S., B.A.G. e C.G.F., per sentirli condannare al risarcimento, in favore del Comune di X, del danno erariale, asseritamente, subito dall’ente locale, a seguito del ritenuto illegittimo affidamento ed esecuzione dei lavori di “somma urgenza”, relativi alla “messa in sicurezza del tratto di strada comunale”, e, conseguentemente, condannarli al pagamento, in favore del Comune di X, della somma complessiva, pari ad euro 184.695,93, da porre a carico dei convenuti
In particolare, il thema decidendum è stabilire se, in conseguenza dei provvedimenti adottati, in rapida successione, dall’ing. B. – nella specie, con la redazione del verbale di somma urgenza – e dal Sindaco P. – attraverso, in un primo momento, un ordine di servizio e, quindi, pochi giorni dopo con un’ordinanza sindacale – si sia perfezionata o meno un’obbligazione civilistica, a carico dell’ente locale, per l’affidamento dei lavori di messa in sicurezza, con conseguente accollo al Comune di X della corrispondente spesa di realizzazione degli stessi e, in caso negativo, in assenza, cioè, di obbligazione civilistica, non insorta validamente nella sfera giuridica dell’ente, valutare se l’adempimento di simile “obbligazione” costituisca o meno danno al patrimonio dell’ente locale.
Ad avviso della Sezione, con riguardo al profilo della sussistenza o meno del presupposto di somma urgenza richiesto ex lege, risultano fondati e condivisibili i dubbi esternati da parte pubblica, tenuto conto che i lavori, nella fattispecie, risultano avviati nel successivo mese di maggio 2020, vale a dire, oltre sei mesi dopo il momento dell’affidamento degli stessi all’Impresa E., affidamento avvenuto nell’ottobre 2019, circostanza la quale suscita non poche perplessità quanto alla configurabilità della situazione prevista e disciplinata dall’ art. 163, d.lgs. n. 50/2016.
Inoltre agli atti risulta un contratto d’appalto, concluso, in forma di scrittura privata, tra l’impresa E. s.r.l. ed il Comune di X, in persona del Sindaco, recante la data del 24 luglio 2020, vale a dire, in epoca di molto successiva non solo all’affidamento dei lavori – risalente al mese di ottobre 2019 – ma anche alla loro stessa conclusione.
A simile contratto, tuttavia, non può che attribuirsi la funzione di formalizzazione a posteriori dell’appalto, scontando lo stesso un radicale difetto di causa, in quanto al momento della sua stipulazione – 24 luglio 2020 – l’opera era già stata eseguita, come dimostrato e documentato dalla certificazione di fine lavori in data 22 luglio 2020. Di modo che, in concordanza con la tesi di parte pubblica, detto accordo non può svolgere alcuna funzione, riferendosi ad obbligazioni già adempiute. In ogni caso, in assenza di un interesse pubblico urgente da tutelare, per i motivi sopradetti, non si vede come giustificare l’esecuzione di un contratto non ancora neppure sottoscritto.
Soprattutto, non essendosi giuridicamente perfezionato alcun contratto a carico dell’ente locale, nessuna obbligazione civilistica può dirsi insorta a carico del Comune ed il debito corrispondente non è riconoscibile nei confronti dell’ente. Anzi, in condivisione ed accoglimento della domanda attorea, il pagamento di un’obbligazione non insorta nella sfera giuridica dell’ente costituisce, in sé, danno al patrimonio di quest’ultimo.
Sicchè, esclusa la possibilità di configurare, per i contratti della P.A., la conclusione mediante accettazione tacita, ai sensi dell’art. 1327 c.c., il contratto stipulato tra le parti – tra l’altro, ex post – non può non considerarsi viziato dalla carenza della forma scritta, posto che i contratti della pubblica amministrazione sono soggetti al vincolo della forma scritta ad substantiam (artt. 16 e 17, R.D. n. 2440/1924).
Né appare sostenibile che il vincolo della forma scritta ad substantiam subisca deroghe in caso di contratti relativi a lavori di “somma urgenza”, trattandosi di principio generale, oggetto di esplicita previsione normativa, di recente riaffermato, ex art. 32, comma 14, d.lgs. n. 50/2016. Ne deriva che il procedimento, di cui all’art. 163, d.lgs. n. 50/2016, permette solo di derogare all’evidenza pubblica.
Per tutti i motivi che precedono, si è, quindi, in presenza di debito non riconoscibile, per difetto, in radice, dell’obbligazione civilistica in capo all’ente locale.
Nel senso appena descritto si pone la stessa giurisprudenza contabile (cfr., Corte dei conti, Sez. III Giur. Centr. App., 16.4.2019, n. 70/2019): “In mancanza[…] di una specifica e valida obbligazione, ancorché sprovvista della copertura contabile, e della mera presenza di un comportamento di fatto privo di rilievi di sorta, sul piano giuridico, mancando – in radice – quell’accordo tra le parti, presupposto dell’art. 1321 c.c. anche per il costituirsi di un contratto invalido o non opponibile ai terzi, il rapporto obbligatorio non poteva che intercorrere, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge, tra il privato fornitore e l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura della prestazione o l’hanno validata in sede di riconoscimento di debiti fuori bilancio, ponendola illegittimamente a carico dell’Ente (cfr., Corte dei conti, Sez. I App., 5.12.2019, n. 269; Corte dei conti, Sez. Giurisd. Calabria, 27.5.2019, n. 185)”.
Ad ogni buon conto, “il procedimento di riconoscimento di debito fuori bilancio – nella specie, comunque, non attivato – è diretto esclusivamente a sanare irregolarità di tipo contabile, rispondendo all’interesse pubblico alla regolarità della gestione finanziaria dell’ente, ma non può in alcun modo sopperire alla mancanza di un’obbligazione validamente sorta” (v., Cons. Stato, Sez. V, 28.12.2009, n. 8953; conf., TAR Sicilia – Catania, Sez. III, 27.2.2009, n. 435).
Ed ancora, per giurisprudenza consolidata della Suprema Corte di Cassazione (v., Cass., Sez. I, 2 aprile 2009, n. 8044), “il riconoscimento da parte dei Comuni, delle Province e delle Comunità montane di debiti fuori bilancio, ai sensi dell’art. 24 DL 2.3.1989 n. 66, consente di sanare gli impegni di spesa, assunti senza copertura contabile, ma non innova in alcun modo circa la disciplina applicabile alla stipula dei contratti della pubblica amministrazione, né introduce sanatoria di contratti nulli o annullabili per i quali è richiesta la forma scritta ad substantiam.”
In conclusione, ad avviso della Sezione, oltre agli accertati inadempimenti, in difetto dei presupposti di legittimità per l’affidamento delle opere – sia sotto il profilo della somma urgenza che dell’assenza di una perizia giustificativa – l’inesistenza di un valido contratto tra l’Ente ed i soggetti terzi esclude la possibilità di poter far gravare le spese sostenute, peraltro, a vantaggio di privati, sul bilancio dell’Ente.
Con riguardo all’individuazione e quantificazione del danno, esso consiste nella spesa di euro 184.695,93 (euro 175.566,47 + euro 9.129,46), spesa sostenuta per la costruzione dell’opera, costo indebitamente accollato, per i motivi di cui sopra, al Comune di X, in difetto di obbligazione validamente perfezionata nei confronti dell’ente locale.