Consiglio di Stato, sentenza n. 9953 del 10 dicembre 2024
Va anzitutto ribadito, sul piano metodologico, l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la qualificazione di “perentorietà” o di “ordinarietà” del termine – in difetto di una sua espressa e risolutiva definizione testuale – può ricavarsi dalla ragione della sua introduzione, normalmente insita nell’esigenza di celerità insita nella fase specifica del procedimento nella quale esso si inscrive e, quindi, nella preminente finalità di rilievo pubblico che lo svolgimento di un adempimento in un arco di tempo prefissato è indirizzato a soddisfare (così Cons Stato, sez. IV, n. 5878 del 2018 e n. 5190 del 2017; id., sez. III, n. 996 del 2017).
La pronuncia del Cons. Stato, Ad. Plen., n. 10 del 2014 ha avuto modo di precisare che in questa operazione di tipo interpretativo occorre anzitutto considerare la ratio del termine “.. in rapporto alla fase del procedimento in cui si colloca l’adempimento, in coerenza con la giurisprudenza prevalente di questo Consiglio, per cui l’art. 152 c.p.c, che definisce i termini processuali come ordinatori salvo quelli espressamente qualificati come perentori, “vale esclusivamente per i termini processuali, mentre con riguardo ai termini esistenti all’interno del procedimento amministrativo il carattere perentorio o meno va ricavato dalla loro ratio” (Cons. Stato, sez. IV, 16 novembre 2011, n. 6051 e giurisprudenza ivi citata)”.Posta questa premessa, va ulteriormente chiarito che non vi è ragione di dubitare del fatto che un termine perentorio possa trovare la sua fonte in una norma secondaria autorizzata dalla fonte primaria alla regolamentazione del procedimento, quand’anche il carattere di perentorietà non sia formalmente indicato come tale nella norma attributiva del potere esercitato ma sia solo desumibile dalla utilità funzionale che ad esso si assegna (cfr. Cons. Stato, sez. VII, n. 4676 del 2023; sez. VI, n. 2638 del 2024; sez. III, n. 1691 del 2022).
In applicazione dei richiamati principi e ai fini della qualificazione come “ordinatorio” o “perentorio” del termine individuato dal D.M. n. 651 del 27 agosto 1994 all’art. 23, diventa quindi decisivo ricostruire il quadro normativo di riferimento e individuarne la logica regolatrice.