Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Molise, sentenza n. 39 del 16 dicembre 2024
Giova ribadire come l’avvenuta tipizzazione della responsabilità del dipendente per il danno arrecato alla P.A. di appartenenza, ad opera del richiamato art. 55-quinquies del d.lgs. n. 165 del 2001, consenta ormai pacificamente di discostarsi dal regime generale previsto dall’art. 17, comma 30-ter, del d.l. 1° luglio 2009, n. 78, convertito in legge 3 agosto 2009, n. 102 (Sez. giur. FVG n. 139/2019 e n. 162/2020; Sez. giur. Toscana n. 75/2020 e n. 7/2021).
Ne consegue che la mancanza, nel caso di specie, di una sentenza penale passata in giudicato, non rappresenti un ostacolo alla procedibilità dell’azione erariale.
Né la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 55-quater, ad opera della sentenza del giudice delle leggi n. 61/2020, si ritiene possa incidere sull’operatività del richiamato art. 55-quinquies che, al secondo comma, già prevedeva, anteriormente alla modificazione recata dall’art. 16 del d.lgs. 25 maggio 2017, n. 75, il risarcimento del danno all’immagine (ex multis cfr. sentenza n. 17/2023 di questa Sezione giurisdizionale). Secondo univoco orientamento giurisprudenziale, infatti, la citata norma è “in definitiva, rimasta intatta e sopravvive alla sentenza di accoglimento della Corte costituzionale n. 61/2020” (Sez. II app., n. 140/2020; Sez. II app. n. 229/2023).
La domanda attorea si rivela congrua anche in relazione alla quantificazione di tale seconda voce di danno.
Al riguardo è opportuno rammentare che l’art. 55-quinquies ha delineato, con riguardo al detrimento derivante da assenteismo fraudolento di dipendenti pubblici, una disciplina speciale e derogatoria rispetto a quella comune, non solo in relazione agli aspetti – sopra trattati – della perseguibilità delle condotte, ma anche per quanto concerne i criteri determinativi e presuntivi del danno stesso. Ne consegue l’inapplicabilità diretta, nella materia di che trattasi, del richiamato art. 1, comma 1-sexies, della legge n. 20/1994, utilizzabile di contro soltanto quale criterio ausiliario in sede di determinazione equitativa del danno. “In definitiva, costituisce principio giurisprudenziale consolidato il fatto che per quantificare il danno all’immagine della pubblica amministrazione si procede con l’utilizzo degli ordinari strumenti interpretativi propri del giudice, tra i quali l’impiego del potere di determinazione equitativa del danno ex artt. 1226 e 2056 cod. civ., applicando i parametri oggettivi, soggettivi e sociali elaborati dalla giurisprudenza, eventualmente integrati dal criterio presuntivo concorrente stabilito dall’art. 1, comma 1-sexies, legge n. 20/1994” (Sez. II app. n. 229/2023).
In particolare, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, il giudice può far ricorso al potere di determinazione equitativa del danno non soltanto quando, pur essendo certo l’an, sia assolutamente impossibile stimare con precisione l’entità dello stesso, ma anche qualora, in relazione alla peculiarità del caso concreto, la precisa determinazione del pregiudizio patrimoniale si riveli ardua (per tutte, Cass., Sez. III, n. 19148 del 29 settembre 2005; Corte dei conti, Sez. III app., n. 501 del 31 dicembre 2007).