Le prescrizioni per il riconoscimento di ONLUS sono di stretta interpretazione

Corte di Cassazione, sentenza n. 31279 del 06 dicembre 2024

I principi di diritto definiti da Cass. 18/09/2015, n. 18396, sono i seguenti: le Onlus devono perseguire “esclusive finalità di solidarietà sociale” sicché la finalità solidaristica è elemento essenziale della forma dell’ente e dei benefici connessi, essa non può esaurirsi nel percepimento dei benefici statali perché va verificato nel concreto dello Statuto quale sia formalmente l’attività prevalente e nella sostanza economica quale sia l’attività principale.

Quanto alle attività ulteriori e diverse, cioè connesse, la sentenza della Corte afferma: “per quanto concerne, poi, le attività direttamente connesse a quelle istituzionali, per le quali non vige il divieto di svolgimento e i cui proventi, pur mantenendo esse natura commerciale, non concorrono alla formazione del reddito imponibile (cfr. art. 12 del D.Lgs. introduttivo dell’art. 111 ter del t.u.i.r., ora art. 150), il comma 5 dell’art. 10  le individua in due tipologie: quelle elencate nel comma 2 ma svolte in assenza delle condizioni ivi previste (tra le quali, come detto, la situazione di svantaggio dei soggetti destinatari) e quelle accessorie per natura a quelle istituzionali in quanto integrative delle stesse.

Rientrano, pertanto, in quest’ultima categoria, sempre in un’ottica di stretta interpretazione, le sole attività oggettivamente e strutturalmente funzionali al migliore e più efficace espletamento di quelle istituzionali (per esempio, le attività dirette al reperimento dei fondi necessari). In ogni caso, poi, la norma richiede, anche qui con evidente finalità antielusiva, sia che le attività connesse non devono essere prevalenti rispetto a quelle istituzionali, le quali, quindi, devono comunque essere svolte in via esclusiva o almeno principale (e la verifica della prevalenza va effettuata, in base ad elementi fattuali, con riferimento a ogni singolo settore ed a ciascun periodo d’imposta), sia che – con distinto e autonomo criterio – i loro proventi non devono superare una determinata percentuale (il 66%) delle spese complessive dell’organizzazione”.

Orbene, la sentenza impugnata non si confronta con questi principi, che pure erano stati invocati dalla Agenzia delle Entrate nell’atto di appello: afferma che le attività di istruzione e formazione erano da considerarsi connesse ai sensi dell’art. 10, comma 5, del D.Lgs. 460/1997 e che rientravano nei limiti quantitativi indicati dalla norma, ma non tratta delle altre, ulteriori, attività che la associazione svolgeva (concerti, premi a personaggi, manifestazioni di musica lirica e sinfonica, concerti, eventi e spettacoli offerti al pubblico indistinto) da considerarsi anch’esse attività ulteriori rispetto a quella di promozione dell’arte a fini solidaristici, non dirette a persone svantaggiate, idonee a recare proventi commerciali, perché addirittura sostenute da iniziative pubblicitarie ben remunerate, e idonee, in definitiva, a negare la finalità solidaristica principale affermata in astratto.

La Corte, enunciando un principio di diritto al quale il Collegio intende dare continuità, afferma, che si è in presenza di una disciplina estremamente rigorosa, chiaramente e fortemente mirata a limitare la concessione delle previste (numerose) agevolazioni fiscali agli enti effettivamente meritevoli e, per converso, ad evitare qualsiasi ipotesi di utilizzazione a fini elusivi dell’istituto, adoperato come schermo per lo svolgimento in concreto di attività non solidaristiche, ma aventi natura e scopo sostanzialmente commerciali.

Ciò comporta, da un lato, che se un ente intende assumere (attraverso l’iscrizione nella relativa anagrafe) e mantenere la qualifica di Onlus è tenuto alla rigida osservanza, sia sul piano delle prescrizioni formali, sia sotto il profilo dello svolgimento in concreto dell’attività, di ciascuna delle prescrizioni dettate dalla legge, e, d’altro canto, che queste devono essere soggette a stretta interpretazione.

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