Gli obiettivi di performance organizzativa possono essere anche “obiettivi di mantenimento”

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, sentenza n. 66 del 27 marzo 2025

Ai convenuti viene contestato l’asserito indebito pagamento della retribuzione di risultato ai dirigenti della Provincia regionale di X/Libero consorzio comunale di X in assenza dei presupposti di legge, nel periodo 2012/2017. Il tutto sul presupposto che il ciclo della performance fosse soltanto apparente, e che la retribuzione di risultato fosse in realtà una componente fissa della retribuzione.

Questo in quanto (i) la fase della programmazione risulterebbe inesistente dal momento che gli obiettivi venivano definiti alla fine dell’anno stesso di valutazione (generalmente nei mesi da ottobre in poi per l’anno in corso); (ii) gli obiettivi assegnati difetterebbero dei requisiti individuati dal legislatore in quanto riproduttivi del mansionario e, comunque, non risulterebbero concretamente misurabili; (iii) la fase di misurazione e valutazione sarebbe risultata inesistente in quanto esclusivamente fondata sulle schede di autovalutazione redatte dai dirigenti.

Il Collegio osserva che, tuttavia, il Pubblico Ministero non ha fornito la prova delle tesi esposte in citazione, ove ha ripetutamente insistito sulla ordinarietà della maggior parte degli obiettivi dei piani di performance del Libero consorzio di X, senza tuttavia procedere a un’analitica disamina di tutti o della maggior parte di tali obiettivi.

In generale, quanto alle caratteristiche degli obiettivi nel ciclo della performance, va osservato che il d.lgs. n. 150/2009, nel definirne i requisiti, stabilisce che a) rilevanti e pertinenti rispetto ai bisogni della collettività, alla missione istituzionale, alle priorità politiche ed alle strategie dell’amministrazione; b) specifici e misurabili in termini concreti e chiari; c) tali da determinare un significativo miglioramento della qualità dei servizi erogati e degli interventi; d) riferibili ad un arco temporale determinato, di norma corrispondente ad un anno; e) commisurati ai valori di riferimento derivanti da standard definiti a livello nazionale e internazionale, nonché da comparazioni con amministrazioni omologhe; f) confrontabili con le tendenze della produttività dell’amministrazione con riferimento, ove pos- sibile, almeno al triennio precedente; g) correlati alla quantità e alla qualità delle risorse disponibili.

Correttamente i convenuti invocano la pronuncia di questa Corte secondo la quale “Non è dunque preclusa dal legislatore la fissazione degli obiettivi cosiddetti di mantenimento, che mirano, cioè, a stabilizzare risultati già acquisiti; si pensi al caso di un ente che abbia attivato negli anni precedenti un nuovo servizio o abbia promosso un modo più efficiente di svolgere un servizio. D’altra parte, la determinazione per ogni anno di obbiettivi nuovi e diversi potrebbe pregiudicare la reale efficienza dell’azione amministrativa e l’abbandono di finalità di lungo periodo già in parte realizzate.

Di conseguenza, l’incremento della qualità e l’efficienza di un servizio, pur se quest’ultimo rientra nell’ordinaria amministrazione, può validamente costituire un obbiettivo di performance.

L’ARAN, con il parere n. 19932 del 18 giugno 2015 ha inoltre chiarito che “gli obiettivi di performance organizzativa ….possono essere anche “obiettivi di mantenimento” di risultati positivi già conseguiti l’anno precedente…. Fermo restando … che, anche per il perseguimento dell’obbiettivo di mantenimento continui ad essere richiesto un maggiore, prevalente e concreto impegno del personale dell’ente” (Sez. giur. Sicilia, sentenza n. 635/2022). I convenuti hanno correttamente evocato anche la sentenza n. 87/2009 della Sezione Giurisdizionale di appello della Corte dei conti per la Regione Siciliana, ove si è affermato che le previsioni normative (e contrattuali) concernenti il miglioramento dei servizi esistenti (peraltro non fronteggiabili col personale di ruolo), nonché la promozione di effettivi e significativi miglioramenti nei livelli di efficienza e di efficacia degli enti locali e della qualità dei servizi istituzionali, non possono essere intese e interpretate in senso strettamente (e si potrebbe dire astrattamente) letterale, ma devono essere necessariamente valutate in intimo collegamento con la realtà in cui operano. La Procura, pertanto, avrebbe dovuto esaminare ciascun obiettivo, valutarne le caratteristiche, verificarne l’attuazione, considerare il contesto amministrativo – finanziario, accertare l’effettivo incre- mento della produttività e le modalità di esecuzione. La dimostrazione di tutto ciò è però mancata nel corso dell’intero giudizio, malgrado la contestazione da parte dei convenuti avesse reso ancor più stringente la necessità dell’assolvimento dell’onere probatorio da parte dell’inquirente.

La citata pronuncia della Sezione siciliana, n. 635/2022, ha altresì osservato che la valutazione del ciclo della performance deve tener conto della situazione di ciascuna amministrazione. Nel caso specifico – come in quello di cui alla pronuncia citata, inerente ai cicli della performance nella Città Metropolitana , la Procura ha “omesso di considerare la specifica situazione dell’ente, che aveva subito una cospicua riduzione dei trasferimenti finanziari e del numero di unità di personale a causa dell’incompiuta riforma delle ex Province, avviata dal legislatore regionale, che ha determinato incertezza in ordine alle dotazioni finanziarie e umane degli Enti intermedi, che, nondimeno, hanno mantenuto le funzioni attribuite in precedenza e hanno dovuto garantire i servizi essenziali. 

In tale contesto, l’espletamento di un accettabile livello di servizi essenziali costituiva di per sé un obiettivo di mantenimento ma anche di rilevante difficoltà attuativa.

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