Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Toscana, sentenza n. 236 del 12 luglio 2023
I convenuti erano stati sottoposti a procedimento penale per il delitto di associazione a delinquere e per numerosissime ipotesi di corruzione, in concorso tra loro e con altri amministratori e imprenditori, verificatesi tra il 2011 e il 2015 e finalizzate a favorire alcune specifiche ditte nell’ambito di procedure di affidamento di lavori pubblici, ovvero ad escludere le imprese concorrenti, dietro la percezione di tangenti e regalie varie, pari in parecchi casi al 3% dell’importo dei lavori. Nello specifico, il X aveva agito abusando della qualità di capo del Compartimento ANAS della Toscana, mentre il Y era il capo del Servizio amministrativo ed il Z il direttore operativo ed il capo area dello stesso Compartimento.
Nel caso in esame, le condotte illecite contestate non si esauriscono in un singolo episodio di corruzione, capace di incidere in maniera limitata sull’attività dell’ANAS per la Toscana, ma sono espressione di un intero e stabile sistema di corruttela, posto in essere dai convenuti, tale da disarticolare gli stessi processi organizzativi interni della compagine amministrativa. Ne è conseguita ictu oculi la necessità di sostituire tutta la dirigenza del Compartimento di Firenze, a far data dal 1° ottobre 2015.
Quindi le spese che integrano il c.d. danno da disservizio sono costituite:
– dai maggiori oneri sostenuti dall’ANAS per il pagamento dell’indennità di trasferimento e per il relativo mancato preavviso ai dirigenti spostati ad altre sedi, in ossequio alle previsioni del CCNL,
– dai maggiori esborsi sostenuti, negli anni immediatamente successivi (2015, 2016 e 2017), a seguito del trasferimento a Firenze di alcuni funzionari di altre regioni, destinati a ricoprire ruoli e funzioni che erano rimasti vacanti
– dai costi sostenuti per l’impiego dei dipendenti, sia dirigenti che funzionari, coinvolti direttamente e in modo prevalente ed esclusivo nell’interlocuzione con gli inquirenti e, in particolare, nel reperimento della documentazione richiesta di volta in volta dalla Procura della Repubblica (esborsi, questi ultimi, calcolati sulla base del costo orario di ciascun dipendente, moltiplicato per le ore di effettivo impegno).
In riferimento al c.d. danno da tangente, questo costituisce un costo di esercizio occulto per l’imprenditore, che viene normalmente traslato sul prezzo di aggiudicazione a carico dell’amministrazione (Cass., Sezioni Unite, sentt. n. 3970/93 e n. 19661/2003). Il danno è pari almeno all’illecita dazione di denaro o altra utilità, ma può essere anche determinato in misura maggiore, qualora il nocumento non possa essere calcolato con precisione ed emergano indizi gravi, precisi e concordanti orientati verso una quantificazione superiore (art. 2729 cod. civ.).
Il danno alla concorrenza costituisce una categoria di pregiudizio erariale oramai tipizzato dalla giurisprudenza contabile, “in relazione al vulnus che potrebbero subire le amministrazioni appaltanti tutte le volte in cui i soggetti preposti a curarne gli interessi, anziché garantire una negoziazione basata su un’effettiva ricerca delle migliori condizioni di mercato ..” (così, ex plurimis, Sez. II Centr. sent. n. 476/2019).
Nel caso in esame, la contestazione riguarda soltanto alcuni appalti, aggiudicati con un ribasso (del 12%) nettamente inferiore a quello medio del periodo (del 28,20%), dunque con una differenza considerevole (del 16,28%). Il quantum è pari alla differenza tra il ribasso medio e il ribasso di aggiudicazione, ovverosia a complessivi € 72.688,57.
L’ultima posta risarcitoria è costituita dal danno all’immagine
Nel caso di specie, si ritiene innanzitutto che la prova dell’an del danno all’immagine possa ritenersi raggiunta in ragione dell’accertamento delle descritte condotte e della notorietà dell’accaduto, ampiamente trattato dalla stampa nazionale e locale, come documentato dal Pubblico Ministero. In merito al quantum, non vi è spazio per una liquidazione di carattere meramente equitativo, in quanto sussistono elementi probatori sufficienti per ricostruire compiutamente le utilitas complessivamente percepite dai due convenuti, sicché il danno dev’essere determinato nel doppio di quello da tangente.
Il Collegio ha quindi accolto la domanda per quanto di ragione e, per l’effetto, ha condannato i convenuti al pagamento delle seguenti somme, in favore dell’A.N.A.S. per la Toscana:
· X, Y e Z, in solido tra loro, al pagamento della somma complessiva di € 493.307,05 a titolo di danno patrimoniale da disservizio;
· a titolo di danno patrimoniale da tangente, Y al pagamento della somma di € 78.000,00, Z al pagamento della somma di € 10.000,00 e X al pagamento della somma di € 38.000,00;
· a titolo di danno patrimoniale alla concorrenza, Y e Z, in solido tra loro, al pagamento della somma complessiva di € 72.688,57;
· a titolo di danno non patrimoniale all’immagine, Y al pagamento della somma complessiva di € 156.000,00 e Z al pagamento della somma complessiva di € 20.000,00.