La Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per la Lombardia – esprime parere non favorevole, nei sensi di cui in motivazione, sull’istanza con la quale il comune di Liscate ha trasmesso la deliberazione del consiglio comunale n. 21 del 23 maggio 2023 ai fini dell’acquisizione del parere prescritto dall’articolo 5, commi 3 e 4, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175.
L’acquisizione di una partecipazione per esercitare il controllo analogo su Cogeser Servizi s.r.l., finalizzata all’autoproduzione del servizio di illuminazione pubblica in house, non è coerente, con il predetto limitato organico della società (due dipendenti), che perciò da un lato risulta carente della necessaria capacità tecnica di eseguire direttamente il servizio in alternativa al mercato; dall’altro, non risulta conforme alla dialettica tra autoproduzione ed esternalizzazione contemplata dall’articolo 5, comma 1, ultima parte, che richiede di motivare anche la scelta tra la «gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato». Il provvedimento sottoposto all’esame della Sezione, infatti, espone esplicitamente e contraddittoriamente una prospettiva non consona al dettato normativo, laddove afferma che: gli interventi iniziali di riqualificazione degli impianti di illuminazione e di sostituzione dei punti luminosi con luci a LED saranno eseguiti da appaltatori esterni scelti tramite gara. L’operazione in esame, così come prospettata, costituisce una sorta di terza via ibrida e contraddittoria non prevista dal diritto europeo e dal diritto interno. Anche nelle scienze aziendalistiche e nella teoria delle organizzazioni, peraltro, l’alternativa tra outsourcing e in house providing, icasticamente riassunta nel noto trade off espresso dalla formula make or buy, non prevede una simile terza via.
Il comune di Liscate, invece, non sceglie né la via dell’esternalizzazione, tramite l’acquisizione del servizio sul mercato, secondo le regole di derivazione europea in materia di appalti pubblici; né una reale autoproduzione secondo il modello in house providing, posto che Cogeser Servizi s.r.l. dichiaratamente non produrrà, ma esternalizzerà, una parte essenziale del servizio.
La fattispecie delineata dalla motivazione del provvedimento in esame, dunque, pare piuttosto affine, per certi versi, a quella della centrale di committenza prevista dall’articolo 4, comma 2, lettera e, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, di cui tuttavia, per altri versi, non possiede comunque tutti i requisiti. Oppure ancora a quella di un ufficio tecnico consortile, la cui forma societaria si scontra a sua .volta con le fattispecie di gestione associata delle funzioni dei comuni previste dal capo V del titolo II del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Né si può ritenere, infine, un temperamento conforme al mercato la scelta di “subappaltare” una parte del servizio nell’ambito di un modello che per definizione si pone come radicalmente alternativo a quello dell’appalto e dell’esternalizzazione. A stretto rigore, infatti, nel caso di specie neppure si può parlare di subappalto, perché nel modello in house providing non è ravvisabile il contratto base di appalto così come definito dalla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e dal nuovo codice dei contratti pubblici
La dichiarata volontà di esternalizzare «gli interventi iniziali di riqualificazione degli impianti di illuminazione e di sostituzione dei punti luminosi con luci a LED», infine, pone un ulteriore problema di logicità della motivazione del provvedimento in esame sotto il profilo della convenienza economica dell’operazione. Non è chiaro, infatti, come possa essere confrontata con altre la proposta della Cogeser Servizi s.r.l. in mancanza dei prezzi unitari dei predetti interventi di riqualificazione, che solo l’aggiudicazione del relativo contratto può determinare e rendere certi.