ANAC, Atto del Presidente del 20 luglio 2023 – fasc.3268.2023
Recentemente con Atto del Presidente l’ANAC ha fornito un parere circa la necessità che l’amministratore unico di un’Azienda Trasporti pubblica regionale debba o meno “lasciare il posto” anche se sottoposto a misura cautelare personale.
La risposta mi ha sorpreso, poichè è stata negativa. Di seguito quanto scritto da ANAC sul proprio sito: L’amministratore unico di un’Azienda Trasporti pubblica regionale non deve lasciare il posto anche se sottoposto a misura cautelare personale. Soltanto se condannato, anche solo in primo grado, rientra nei casi di inconferibilità e incompatibilità stabiliti dalla legge (decreto legislativo N.39/2013).
Lasciamo un attimo da parte la questione della “misura cautelare personale”, e concentriamoci solo sul fatto che l’amministratore in questione sia stato rinviato a giudizio per peculato.
ANAC sottolinea che viene da subito in rilievo la non sussistenza, nel caso in esame, di una sentenza di condanna, anche non passata in giudicato, – richiesta invece espressamente dalla norma in esame (art. 3 d.lgs. 39/2013) – per uno dei reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale. Invero, per quanto rileva con riferimento al citato art. 3, per il reato di cui all’art. 314 cp è stato disposto allo stato degli atti – il rinvio a giudizio, come anche per il reato di cui all’art. 353 cp, non rientrante tra quelli espressamente presi in considerazione dalla disposizione in esame. L’insussistenza di tale requisito rende, quindi, superflua la trattazione degli ulteriori presupposti di cui all’art. 3, comportando la non applicabilità della norma citata al caso di specie, fermo restando le valutazioni del caso dell’amministrazione nel pieno rispetto della propria discrezionalità.
E’ indubbio che l’art. 3 del d.lgs. 39/2013 richieda espressamente una sentenza di condanna, anche non definitiva, ma non si può tacere che un’altra norma, l’art. 3 della legge 97/2001, faccia invece espresso riferimento al rinvio a giudizio per alcuni reati, tra cui il peculato.
Infatti la decisione sembra in contrasto con quanto affermato dalla stessa Autorità qualche anno fa in merito al trasferimento a seguito di rinvio a giudizio.
Ricordiamo innanzitutto la norma in questione, cioè l’art. 3 della legge 97/2001, che recita:
1. Salva l’applicazione della sospensione dal servizio in conformità a quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, quando nei confronti di un dipendente di amministrazioni o di enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica e’ disposto il giudizio per alcuni dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater e 320 del codice penale e dall’articolo 3 della legge 9 dicembre 1941, n. 1383, l’amministrazione di appartenenza lo trasferisce ad un ufficio diverso da quello in cui prestava servizio al momento del fatto, con attribuzione di funzioni corrispondenti, per inquadramento, mansioni e prospettive di carriera, a quelle svolte in precedenza. …
2. Qualora, in ragione della qualifica rivestita, ovvero per obiettivi motivi organizzativi, non sia possibile attuare il trasferimento di ufficio, il dipendente e’ posto in posizione di aspettativa o di disponibilita’, con diritto al trattamento economico in godimento ….
Con la delibera n. 215/2019 l’ANAC ha illustrato la disposizione in esame, affermando:
In generale, l’Autorità è dell’avviso che l’istituto trovi applicazione con riferimento a tutti coloro che hanno un rapporto di lavoro con l’amministrazione: dipendenti e dirigenti, interni ed esterni, in servizio a tempo indeterminato ovvero con contratti a tempo determinato.
Ciò chiarisce che si applica, secondo ANAC, anche agli incarichi di vertice.
Commentando la norma in questione, l’ANAC ha precisato (pag. 8) che
Tale norma ha introdotto per tutti i dipendenti a tempo determinato e indeterminato (non solo i dirigenti) l’istituto del trasferimento ad ufficio diverso da quello in cui prestava servizio per il dipendente rinviato a giudizio per i delitti richiamati. …
Il trasferimento è obbligatorio, salva la scelta, lasciata all’amministrazione, “in relazione alla propria organizzazione”, tra il “trasferimento di sede” e “l’attribuzione di un incarico differente da quello già svolto dal dipendente, ….
A pagina 20 sempre l’ANAC precisa che
Per gli incarichi amministrativi di vertice, invece, la rotazione, non potendo comportare l’assegnazione ad altro incarico equivalente, comporta la revoca dell’incarico medesimo, senza che si possa, considerata la natura e la rilevanza dell’incarico, procedere ad una sua mera sospensione.
Quindi, seguendo quanto disposto dalla delibera ANAC:
- l’art. 3 l. 97/2001 si applica non solo ai dipendenti, ma anche agli incarichi di vertice;
- il “trasferimento d’ufficio” è obbligatorio e non lascia margini di discrezionalità all’amministrazione;
- per gli incarichi amministrativi di vertice, comporta la revoca dell’incarico medesimo.
In sintesi, pur essendo evidente che al caso in esame non si applica l’art. 3 del d.lgs. 39/2013, appare altrettanto evidente che in presenza di un rinvio a giudizio per peculato (art. 314 c.p.) si dovrebbe applicare l’art. 3 della l. 97/2001, che comporta la revoca dell’incarico, secondo la delibera ANAC n. 215/2019
Il tutto a tacere che nella richiesta di parere, si fa riferimento ad una misura cautelare personale, che, in alcuni casi, comporterebbe in radice l’impossibilità di rendere la prestazione, con conseguente obbligo di sospensione dal servizio.
Insomma, il parere reso, più che sciogliere alcuni dubbi, ne instilla altri