Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Lazio, sentenza n. 600 del 21 settembre 2023
La vicenda per cui è causa trae origine da un servizio televisivo andato in onda il 5 ottobre 2014 su OMISSIS nel corso del programma “OMISSIS”, dell’articolo in pari data sul OMISSIS e dalla successiva pubblicazione di un articolo apparso (in data 25 novembre 2018) sul settimanale “OMISSIS” concernenti presunte irregolarità poste in essere nel periodo maggio 2010 – marzo 2014 da personale dell’Istituto Superiore di Sanità-Dipartimento Tecnologie e Salute (Te.Sa.), competente a svolgere l’attività di certificazione CE per dispositivi medici impiantabili nel corpo umano di cui alla Direttiva 93/42/CEE e di dispositivi medico-diagnostici in vitro di cui alla Direttiva 98/79/CE.
Per tali fatti fu avviato procedimento penale (n. 38675/14, poi 52808/14 N.G.N.R.; 7770/15 RGGIP)nell’ambito del quale, il 30 maggio 2016, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma chiedeva il rinvio a giudizio, poi disposto dal GIP in data 16.01.2018, nei confronti di alcuni dipendenti dell’Istituto Superiore di Sanità, per il delitto di cui all’art. 479 c.p.
Dalle predette indagini emergeva, altresì, l’inesistenza dei rapporti di prova, l’omessa effettuazione delle prove di laboratorio e l’impossibilità di effettuarle a causa dello stato di obsolescenza e non funzionamento della maggior parte dei macchinari presenti presso il Dipartimento Tecnologie e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità.
Acquisita la notitia damni, la Procura regionale avviava il procedimento delegando la Guardia di Finanza per le indagini all’esito delle quali in data 20 marzo 2021, emetteva l’invito a fornire deduzioni nei confronti dei presunti responsabili, prospettando un danno da disservizio pari ad euro 96.946,83 ed un danno da acquisto di dispositivi irregolari pari ad euro 2.957.767,79.
Ciò premesso devesi ricordare che l’art. 1, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, statuisce: “Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso del danno, dalla data della sua scoperta”.
Sin dall’ottobre 2014, data cui risale l’esposto CODACONS per i fatti contestati, la Procura regionale aveva avuto notizia specifica, concreta e circostanziata della mala gestio prospettata a carico dei convenuti, anche in ragione delle informazioni diffuse dalla trasmissione Report. Dalla documentazione versata in atti risulta il timbro di ingresso apposto sull’esposto recante data “21 ottobre 2014 – PROCURA REGIONALE LAZIO”. Altro esposto, presentato dall’Associazione italiana cardiopatici congeniti adulti, era stato ricevuto dalla Procura regionale il 20 ottobre 2014 (anche qui esiste il timbro di ricezione e il protocollo n. 0015486).
Risulta, peraltro, che la Procura si attivava sollecitando, in data 12 novembre 2014 (prot. 0016753), una relazione all’Istituto superiore di sanità. Seguiva un lungo e ampio carteggio con l’ISS. Con nota del 28 settembre 2020 veniva conferita una delega alla Guardia di finanza finalizzata all’acquisizione di informazioni sullo svolgimento del processo penale. Né è possibile accedere alla tesi della Procura regionale invocante l’esistenza di un salvifico occultamento doloso (pag. 29 citazione) che, nella specie, sarebbe comunque inidoneo a spostare in avanti l’exordium praescriptionis.
Nel caso di specie, quindi, i fatti erano emersi nella loro evidenza sin dal 2014 e, quindi, ben prima della richiesta di rinvio a giudizio del 16.5.2016.
Risulta, in conclusione, che la Procura regionale aveva sin dal 2014 tutti gli elementi informativi per procedere immediatamente e, in via autonoma rispetto alla Procura della Repubblica, alle contestazioni nei confronti dei convenuti, con la conseguenza che l’azione risarcitoria attivata con l’atto di citazione deve essere rigettata per intervenuta prescrizione quinquennale.