Corte di Cassazione, ordinanza n. 26750 del 18 settembre 2023
L’ASL ricorrente, nel richiamare la giurisprudenza di questa Corte, deduce che la natura di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate al di fuori degli accordi assunti, ossia oltre il tetto di spesa predeterminato, che sono i volumi massimi invalicabili di prestazioni remunerabili dal Servizio Sanitario Regionale. Evidenzia, oltre alle esigenze di rispetto della spesa pubblica, che il carattere vincolante, per l’Azienda Sanitaria e per gli operatori dei centri accreditati, di un budget di spesa per ogni tipologia di prestazione, deliberato dall’amministrazione, configura un esplicito “rifiuto dell’arricchimento” che determina l’esclusione della tutela dell’art.2041 cod. c iv . , come da pronunce di questa Corte che richiama.
Secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, «L’arricchimento imposto esclude l’indennizzo ex art. 2041c.c. e imposto significa, appunto, anche arricchimento non voluto. Deliberando il tetto di spesa, la Pubblica Amministrazione ha adempiuto ai suoi obblighi di legge di sana gestione delle finanze pubbliche e, al tempo stesso, comunicando al ricorrente il limite di spesa determinato, le ha implicitamente ma inequivocabilmente comunicato pure il suo diniego di una spesa superiore, ovvero la sua volontà contraria a prestazioni ulteriori rispetto a quelle il cui corrispettivo sarebbe rientrato nel limite di spesa. L’arricchimento, dunque — se tale lo si definisce – è stato indubbiamente un arricchimento non voluto…che esclude ogni indennizzo»( tra le altre Cass . 11209/2019 , citata anche dalla ricorrente; Cass.13884/2020; Cass.36654/2021).
In particolare, è stato precisato che l’azienda sanitaria, comunicando alla struttura accreditata il limite di spesa stabilito per l’erogazione delle prestazioni sanitarie, manifesta implicitamente la sua contrarietà ad una spesa superiore, ovvero a prestazioni ulteriori rispetto a quelle il cui corrispettivo sarebbe rientrato nel predetto limite. Pertanto, l’arricchimento che la P.A. consegue dall’esecuzione delle prestazioni “extra budget” assume un carattere “imposto” che preclude l’esperibilità nei suoi confronti dell’azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 cod.civ..