Corte di Cassazione, sesta sezione penale, sentenza n. 32319 dep 25 luglio 2023
La ratio della norma è normalmente individuata nella esigenze di anticipare la tutela penale, rispetto al momento di effettiva indizione formale della gara; la norma, si sostiene, mira a prevenire la preparazione e l’approvazione di bandi personalizzati e calibrati proprio sulle caratteristiche di determinati operatori, ed a preservare il principio di libertà di concorrenza e la salvaguardia degli interessi della pubblica amministrazione. Dunque una norma incriminatrice contro gli abusi nella redazione del bando o di un atto a questo equipollente (cfr., sul tema, Sez. 6, n. 5536 del 28/10/2021, dep. 2022, Zappini, Rv. 282902).
Una norma, tuttavia, che non solo non incide direttamente sul dato letterale dell’art. 353 cod. pen., il cui testo non è mutato, ma, soprattutto, ha una valenza neutra rispetto alla questione in esame, che attiene non alla possibilità di allargare il significato del sintagma “pubblici incanti o licitazioni private” di cui all’art. 353 cod. pen. per farvi confluire anche gli altri procedimenti di scelta del contraente nelle procedure indette per la cessione di un bene ovvero per l’affidamento all’esterno della esecuzione di un’opera o della gestione di un servizio, quanto, piuttosto, alla possibilità di ricondurre all’art. 353 una materia, quella dei concorsi, che è esterna anche rispetto all’art. 353 bis cod. pen. La impossibilità di assimilazione tra le gare pubbliche a cui fa riferimento l’art. 353 cod. pen. e i concorsi per il reclutamento del personale da parte dello Stato e delle sue articolazioni emerge inoltre dalla obiettiva diversità di materia e di disciplina di riferimento e, in particolare, dalla diversità strutturale tra le “offerte” che vengono in considerazione ai fini della configurazione del reato di turbata libertà degli incanti e quelle che attengono ai concorsi per il reclutamento dei professori universitari.