Incarichi ai pensionati: l’incertezza normativa esclude la colpa grave e il danno erariale

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Lombardia, sentenza n. 2 dell’11 gennaio 2024

La Procura Regionale ha convenuto in giudizio i Signori … per sentirli condannare, con imputazione a titolo di dolo ovvero, in via subordinata, di colpa grave, al risarcimento del pregiudizio erariale, quantificato in euro 407.504,21, asseritamente cagionato al patrimonio della società in conseguenza dell’intervenuta illecita liquidazione di emolumenti retributivi in favore del Sig. X per l’espletamento dell’incarico di Presidente del C.d.A. negli anni 2014 – 2017. L’illiceità delle liquidazioni e la conseguente qualificazione degli esborsi finanziari quale pregiudizio erariale deriverebbe direttamente, secondo la prospettazione accusatoria, dal fatto che il Sig. X risultava, all’atto dell’assunzione dell’incarico e lungo l’arco temporale del suo svolgimento, in quiescenza per raggiunto limite dell’età pensionabile e pertanto impossibilitato a percepire compensi per attività lavorative presso le pubbliche amministrazioni in applicazione dei rigori normativi previsti dall’art.5, comma 9, d.l. n. 95/2012, conv.to con modificazioni dalla l. n. 135/2012, come modificato dall’art.6, d.l. n. 90/2014, conv.to con modificazioni dalla l. n. 114/2014

La Corte ha rilevato che subito dopo l’entrata in vigore della norma, intervenuta, nella versione restrittiva posta a base della domanda risarcitoria, proprio in concomitanza con l’adozione dei provvedimenti oggetto di contestazione (luglio 2014), è immediatamente insorta una spinosa questione interpretativa, legata specificamente alla delimitazione dell’ambito di estensione del divieto e, in particolare, se la preclusione, nel riguardare i “soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza”, fosse limitata ai lavoratori dipendenti in quiescenza ovvero dovesse essere estesa anche ai lavoratori autonomi. La questione interpretativa è stata invero risolta, in prima battuta, dalla stessa compagine governativa che aveva predisposto l’irrigidimento del testo normativo, con la pretermissione dei lavoratori autonomi dai rigori della disposizione. Si vedano le Circolari del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione – Dipartimento della funzione pubblica n.6 del 4.12.2014 e, soprattutto, n.4 del 10.11.2015, dove viene testualmente stabilito che “Come già indicato nella Circolare n. 6 del 2014 per “lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza” si intendono esclusivamente i lavoratori dipendenti e non quelli autonomi”.

D’altro canto, le Sezioni Regionali del Controllo della Corte dei conti, chiamate a rendere parere ai sensi dell’art. 7, comma 8, l. n. 131/2003, in ordine alla corretta interpretazione del dato normativo, hanno stabilizzato una posizione contraria rispetto a quella elaborata in sede ministeriale e sono pervenute a ritenere che il divieto debba riguardare sia i lavoratori dipendenti, sia quelli autonomi. A tale diversa conclusione, basata sul dato letterale della norma e sul dato teleologico correlato alla necessità di risparmi di spesa e di ricambio generazionale, risulta originariamente fatta propria da un parere della Sezione Regionale del Controllo della Puglia (deliberazione n.193/2014), ma ha trovato definitivo consolidamento a partire dall’anno 2017 (deliberazioni della Sezione del Controllo della Lombardia n. 148/2017, n. 180/2018, n. 425/2019; deliberazione della Sezione del Controllo del Piemonte n.66/2018; deliberazione della Sezione del Controllo della Sardegna n. 90/2020).

La vicenda controversa si è collocata temporalmente nel triennio 2014/2016. Il provvedimento amministrativo dal quale sarebbe scaturito il pregiudizio erariale risulta ancorato al settembre 2014 e ha dispiegato effetti sino alla corresponsione degli ultimi pagamenti retributivi, intervenuti nel maggio 2017.

Sulla base di una valutazione fondata sulla ragionevolezza, se può essere ritenuto, in linea con le statuizioni del Giudice Contabile in sede di controllo, che l’ambito di estensione del divieto previsto dall’art. 5, comma 9, d.l. 95/2012, nel testo vigente a seguito delle modifiche apportate dal d.l. n.90/2014, debba ricomprendere tutti i lavoratori in quiescenza, sia dipendenti, sia autonomi, nessun dubbio può porsi in ordine al fatto che tale conclusione non risultava per nulla scontata e di immediata rappresentabilità alla data di assunzione della deliberazione oggetto di contestazione e nell’arco di durata del rapporto di lavoro tra Finlombarda S.p.a. e il Presidente X. L’interpretazione del dato normativo poteva obiettivamente far propendere, soprattutto in ragione della chiara posizione assunta in sede governativa con le richiamate circolari del Dipartimento della Funzione Pubblica, per la soluzione fatta propria da Finlombarda S.p.a., atteso inoltre il fatto che la diversa ed opposta posizione assunta dalle Sezioni del Controllo della Corte dei conti si radicava in epoca successiva rispetto alla vicenda controversa.

Conseguentemente la condotta posta in essere dai convenuti non può ritenersi, ad avviso della Sezione, imputabile a grave negligenza o imprudenza. In conseguenza di quanto esposto, la domanda risarcitoria formulata nei confronti dei convenuti deve essere rigettata.

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