Da qualche mese si vede un’inversione di tendenza: i medici che prima si dimettevano dal Servizio Sanitario Nazionale per andare a lavorare con le società private come gettonisti, ora stanno rientrando nelle aziende sanitarie. Ma quali sono i vincoli e i limiti?
All’origine dell’inversione vi sono sicuramente dei provvedimenti del Governo nazionale e delle posizioni di alcune Regioni, in primis della Lombardia che ha vietato gli appalti con i gettonisti in tutta la Regione (sicuramente la più ricca d’Italia). Anche il Veneto ha approvato degli indirizzi restrittivi e di maggior sfavore nei confronti delle soluzioni che prevedono l’esternalizzazione dei servizi a favore dei privati.
Tutto sta tornando in equilibrio? Tutto a posto quindi? Non proprio.
Già avevo fatto notare che questi appalti di esternalizzazione dei servizi sanitari presentavano diverse criticità, che spesso costituivano delle vere e proprie violazioni molto gravi delle leggi già vigenti (Il problema dei medici a gettone: sono appalti legittimi?)
Per invertire il preoccupante “esodo” dei medici da dipendenti a “gettonisti”, il Governo ha adottato dei provvedimenti molto “tranchant”, tra cui spicca l’art. 10 del decreto legge 34/2023.
In particolare il comma 6 del suddetto articolo dispone che “ Il personale sanitario che interrompe volontariamente il rapporto di lavoro dipendente con una struttura sanitaria pubblica per prestare la propria attività presso un operatore economico privato che fornisce i servizi di cui ai commi 1, 2 e 4 in regime di esternalizzazione, non può chiedere successivamente la ricostituzione del rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale”.
Quindi negli atti di ricostituzione del rapporto di lavoro (così si chiama lo strumento giuridico che permette ai sanitari che si sono dimessi di essere nuovamente assunti senza dover superare di nuovo un concorso pubblico), sarebbe un obbligo per le aziende sanitarie verificare che i sanitari che si sono dimessi, non abbiano avuto rapporti con privati che fornivano “gettonisti”.
Dalla lettura di diversi provvedimenti di “ricostituzione del rapporto di lavoro”, però, non ho letto mai di una verifica del genere. Quali siano le conseguenze giuridiche non è esplicitato dalla norma.
Inoltre il successivo comma 7 è ancora più categorico:
Le aziende .. avviano le procedure selettive per il reclutamento del personale da impiegare per l’assolvimento delle funzioni precedentemente esternalizzate, ….Non possono partecipare alle procedure selettive coloro che in precedenza, in costanza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il Servizio sanitario nazionale, si siano dimessi dalle dipendenze dello stesso.
In questo caso, la norma parla di “procedure selettive” e non solo di “concorsi”, ipotizzando che, quindi, la norma in questione si possa estendere alle selezioni per rapporti a termine o addirittura per incarichi professionali.
Nella fattispecie ipotizzata, non possono partecipare (in tutta Italia) i sanitari che si sono semplicemente dimessi dal SSN (in tutta Italia), a prescindere che abbiano svolto attività con operatori privati di “gettonisti”.
Anche in questo caso, non ho visto nei bandi di selezione delle clausole che applicavano tale norma.
In sintesi, coloro che si sono dimessi non possono più partecipare a nessuna delle procedure selettive nelle aziende sanitarie, e coloro che sono stati gettonisti non possono usufruire della ricostituzione del rapporto di lavoro.
Non giudicando l’equità della norma, è però importante che una legge dello Stato Italiano sia applicata, non che sia semplicemente ignorata.