L’Italia non può imporre a Google e a Amazon (società straniere) obblighi che limitano la libertà di circolazione di beni e servizi nell’Unione Europea

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza del 30 maggio 2024 nella causa C‑665/22, (analoghe sentenze nelle cause riunite C‑664/22 e C‑666/22)

La  domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Amazon Services Europe Sàrl (in prosieguo: la «Amazon»), società di diritto lussemburghese, e l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Italia) (in prosieguo: l’«AGCOM»), in merito a misure adottate da quest’ultima nei confronti dei fornitori di servizi di intermediazione online.

La Amazon, la cui sede sociale è stabilita in Lussemburgo, gestisce una piattaforma online volta a mettere in contatto venditori e consumatori ai fini della realizzazione di transazioni tra loro aventi ad oggetto la vendita di beni.

A seguito delle modifiche del quadro normativo nazionale derivanti dalla legge del 30 dicembre 2020, n. 178 e dalla delibera n. 161/21, adottate dalle autorità italiane segnatamente al fine di garantire l’applicazione del regolamento 2019/1150, la Amazon, in quanto fornitrice di servizi di intermediazione online, è attualmente soggetta all’obbligo di trasmettere all’AGCOM l’IES, un documento in cui devono essere inserite informazioni relative alla situazione economica della medesima società.

La Amazon ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), giudice del rinvio, volto segnatamente ad ottenere l’annullamento della delibera n. 161/21.

La Corte (Seconda Sezione) decidendo nel merito, ha dichiarato:

L’articolo 3 della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2000 relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a misure adottate da uno Stato membro, allo scopo dichiarato di garantire l’adeguata ed efficace applicazione del regolamento (UE) 2019/1150 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, che promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online, ai sensi delle quali, a pena di sanzioni, i fornitori di servizi di intermediazione online stabiliti in un altro Stato membro sono obbligati, al fine di prestare i loro servizi nel primo Stato membro, a trasmettere periodicamente a un’autorità di tale Stato membro un documento relativo alla loro situazione economica, nel quale devono essere precisate numerose informazioni concernenti, in particolare, i ricavi del fornitore.

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