L’ASL non può modificare unilateralmente la retribuzione di posizione variabile, nè erogarla in misura inferiore al minimo

Corte di Cassazione, sentenza n. 18697 del 9 luglio 2024

Alcuni medici avevano ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti dell’ASL per la liquidazione della retribuzione di posizione variabile erogata in misura inferiore a quella spettante.

La pretesa nasceva per due ordini di motivi:

– i crediti dal 2002 al 2006 sono stati azionati per aver ricevuto una retribuzione di posizione variabile aziendale inferiore alla retribuzione di posizione minima contrattuale non integrata come contrattualmente dovuto;

– i crediti successivi al 2006 sono stati azionati per aver ricevuto la retribuzione di posizione variabile aziendale in misura inferiore rispetto a quella risultante dalla graduazione delle funzioni, per essere stata unilateralmente ridotta dall’Amministrazione a modifica di quanto stabilito nella contrattazione integrativa.

La Suprema Corte ha confermato la decisione della Corte territoriale, e rigettato le motivazioni dell’ASL, in base ad una lettura della disciplina per cui la retribuzione di posizione dovuta al dirigente è quella corrispondente all’importo della retribuzione di posizione variabile aziendale risultante in base alla graduazione delle funzioni che, tuttavia, non può mai essere inferiore alla retribuzione di posizione minima contrattuale, prevedendosi a fronte di questa evenienza i conguaglio fino a concorrenza.

Quindi la retribuzione di posizione variabile aziendale risulta da un lato irriducibile e dall’altro fatta oggetto di obbligatoria integrazione fino a concorrenza della retribuzione di posizione minima contrattuale nell’ipotesi in cui risulti a questa inferiore, da qui derivando la sussistenza di entrambe le tipologie di credito oggetto dell’azione monitoria dei dirigenti, e l’inconfigurabilità della compensazione richiesta dalla ASL, fondata sulla tesi per cui la retribuzione di posizione dovuta è esclusivamente quella minima contrattuale incrementabile in base alla quota variabile aziendale nell’importo di volta in volta risultante in base alle decisioni in merito assunte dalla ASL datrice in relazione alle risorse disponibili nell’apposito fondo, tesi da cui discenderebbe l’ammissibilità della compensazione delle maggiori somme che la ASL asserisce di aver versato a titolo di retribuzione di posizione variabile aziendale rispetto agli importi contrattualmente dovuti corrispondenti alla retribuzione di posizione minima contrattuale con i crediti azionati dai dirigenti medici in sede monitoria.

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