Sulla giurisdizione nelle controversie tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto, il Consiglio di Stato non concorda con la Cassazione

Consiglio di Stato, sentenza n. 6650 del 23 luglio 2024

La presente controversia richiede di esaminare la questione della giurisdizione con riferimento alla fase che intercorre fra il provvedimento di aggiudicazione e la stipulazione del contratto.
Il caso è quello dell’operatore economico aggiudicatario che si rifiuta di stipulare il contratto, con conseguente incameramento della cauzione provvisoria e richiesta di risarcimento degli ulteriori danni da parte dell’Amministrazione (nel caso di specie, l’Anas).
Il Collegio non ignora che la giurisprudenza della Corte di cassazione si è più volte pronunciata in ordine alla giurisdizione sussistente nella fase compresa tra l’aggiudicazione e la sottoscrizione del contratto.
A fronte di un orientamento non univoco delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione si rileva, da ultimo, la prevalenza delle pronunce che escludono dall’ambito di applicazione della giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133 comma 1, lett. e) n.1 c.p.a. i comportamenti e gli atti che si collocano nella fase tra l’aggiudicazione e la stipulazione del contratto
, considerata una fase intermedia che si colloca fra procedura a evidenza pubblica e contratto, reputando che, in tale fase, il riparto di giurisdizione vada effettuato secondo la regola generale e attribuendo quindi alla cognizione del giudice amministrativo soltanto le controversie nelle quali si faccia questione di interessi legittimi (non rinvenibili nel caso di domanda di risarcimento danni azionata dall’Amministrazione per non avere potuto stipulare il contratto per fatto dell’aggiudicatario). E ciò specie nel caso di esecuzione anticipata del contratto (S.U. 5 ottobre 2018 n. 24411 e Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2016 n. 14188).
Da ultimo si sono pronunciate in tal senso le Sezioni unite con sentenza 4 gennaio 2023 n. 111 cassando la sentenza di questa Sezione 27 ottobre 2021 n. 7217, riguardante un caso di esecuzione anticipata, alla quale non era seguita la stipulazione del contratto per mancata consegna della documentazione necessaria da parte del privato e conseguente ritiro dell’aggiudicazione.
Nondimeno, non solo non vi è stata esecuzione anticipata, ma sono anche intervenute tre pronunce sulla fattispecie della garanzia provvisoria, che ne hanno sottolineato la valenza pubblicistica (nei termini infra illustrati). Il riferimento è alla sentenza della Corte costituzionale 28 gennaio 2022 n. 23, alla sentenza dell’Adunanza plenaria 26 aprile 2022 n. 7 e alla sentenza della Corte costituzionale 26 luglio 2022 n. 198.
Nel caso di specie sussiste la giurisdizione amministrativa.

Le controversie che riguardano la fase che intercorre fra il provvedimento di aggiudicazione e la stipulazione del contratto, e in particolare il caso dell’operatore economico aggiudicatario che si rifiuta di stipulare il contratto, rientrano nella giurisdizione esclusiva, che non richiede di qualificare la situazione giuridica fatta valere dalle parti, avendo come presupposto comunque situazioni, individuate dal legislatore, in cui viene in evidenza o è presupposto l’esercizio del pubblico potere.
Come si illustrerà, vengono in soccorso a tal fine vari indici, letterale, storico e sistematico, nonché la stessa disciplina della garanzia provvisoria, mentre non ostano le argomentazioni che si appuntano sulla già intervenuta aggiudicazione e sul principio di buona fede.
Con l’art. 133 comma 1 lett. e) c.p.a. è delimitata la giurisdizione esclusiva attraverso il riferimento alle procedure di affidamento: sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie “relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative”.
Vari indici soccorrono nel senso di ritenere che la presente controversia rientri nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133 comma 1 lett. e) c.p.a.
Innanzitutto il dato letterale: la disposizione richiamata fa riferimento alle procedure di affidamento: “affidare” vuol dire “dare”, “consegnare qualcosa alla custodia di qualcuno di cui si abbia fiducia”. L’affidamento implica quindi non solo la scelta del soggetto al quale saranno affidati i “pubblici lavori, servizi, forniture” tramite l’aggiudicazione ma anche l’effettivo affidamento della commessa.
La nozione di affidamento si distingue quindi dalla nozione di aggiudicazione, mentre infatti detto secondo termine si riferisce al provvedimento conclusivo della procedura di scelta del contraente, l’affidamento comprende le attività successive, prodromiche alla stipulazione del contratto, cioè all’affidamento del servizio, dei lavori o della fornitura, che segna la conclusione della fase precedente.
Né può ritenersi che il legislatore abbia inteso assimilare i due termini, ignorando l’evoluzione della tematica.
Principiando da un’iniziale assimilazione del verbale di aggiudicazione (quale atto terminale della procedura di scelta) al contratto (“i processi verbali di aggiudicazione definitiva, in seguito ad incanti pubblici o a private licitazioni, equivalgono per ogni effetto legale al contratto”, così l’art. 16 comma 4 del r.d. n. 2440 del 1923 e Cass, civ., sez, I 4 marzo 1987 n. 2255), si è pervenuti, attraverso tappe intermedie (fra le quali, art. 10 comma. 1-quater della legge n. 109 del 1994, art. 109 del d.P.R. n. 554 del 1999, Cons. St., sez. IV, 2 gennaio 1996 n. 16 e sez. un. n. 5807 del 1998) all’art. 11 comma 7 del d. lgs 163/2006 e all’art. 32 comma 6 del d. lgs 50/2016, i quali hanno regolato il procedimento di gara in modo da distinguere l’aggiudicazione dal contratto.
In particolare, l’art. 32 comma 6 del d.lgs. n. 50 del 2016 stabilisce che “l’aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’offerta”.
Nel corso del tempo si è quindi inserito un momento fra aggiudicazione e stipula del contratto, che rende non indifferente l’uso del termine aggiudicazione o del termine affidamento.
A fronte dell’evoluzione giurisprudenziale e legislativa (sul fronte della disciplina sostanziale) non può essere considerata una causalità il riferimento del legislatore, nell’art. 133 comma 1 lett. e) c.p.a., non all’aggiudicazione ma alla diversa nozione di affidamento, che, distinguendosi dalla prima, comprende anche la fase successiva, purché precedente alla stipula del contratto.
Le fasi dell’attività contrattuale dell’Amministrazione sono state storicamente due (soltanto): una pubblicistica e una esecutiva. E il motivo per il quale si è frapposto un momento fra aggiudicazione a stipula del contratto è da rinvenire nella salvaguardia dell’interesse pubblico (“la natura meramente dispositiva dell’art. 16 comma quarto, destinato, pertanto, a produrre i suoi effetti solo e tutte le volte che l’amministrazione appaltante non abbia manifestato una diversa volontà: come può essere talora opportuno a salvaguardia del pubblico interesse, sotteso anche alla licitazione privata”, così sez. un., 11 giugno 1998 n. 5807).
Il che dimostra, anche nella prospettiva storica, che la fase che intercorre fra aggiudicazione e stipula, è stata da sempre assimilata, senza soluzione di continuità, alla procedura pubblicistica, alla quale si contrappone (temporalmente) la (sola) fase esecutiva, che principia dal perfezionamento del negozio.
Il punto di vista sistematico conduce alla stessa conclusione: nella fase che intercorre fra aggiudicazione e stipula del contratto, l’Amministrazione fa uso degli stessi poteri pubblicistici che ha esercitato nel corso della gara, con l’unica differenza che l’aggiudicatario (e potenziale affidatario) è già stato individuato.
Come evidente anche dalla prospettiva storica la funzione di questa fase è quella di verificare che l’esito della gara, così come risulta dall’aggiudicazione, risponda alle regole della stessa, approfondendo la sussistenza dei presupposti di aggiudicazione e verificando che non si siano verificate sopravvenienze che alterino gli stessi, rendendo vana a posteriori la stessa effettuazione della procedura.
Considerata la gravosità delle regole che governano la fase prenegoziale dell’Amministrazione, il legislatore ha individuato alcuni presidi, volti a bilanciare i costi delle regole pubblicistiche che governano la formazione della volontà negoziale e della scelta del contraente.
Detti presidi si incentrano sulla richiesta della serietà dell’offerta presentata dall’operatore economico (in una pluralità di prospettive, che vanno dalla sussistenza dei requisiti di partecipazione, alla presentazione di un’offerta seria da plurimi punti di vista e all’affidabilità e congruità dell’offerta): il settore pubblico spende tempo e risorse se e purché gli operatori economici abbiano una serie intenzione di divenire contraenti dell’Amministrazione, laddove la serietà si misura non solo nell’intenzionalità ma nel ricorrere di presupposti oggettivi.
Ciò comporta che le trattative con l’Amministrazione siano connotate da specifiche regole di condotta, imposte a entrambe le parti: l’Amministrazione è tenuta a perseguire, nella prospettiva già illustrata, il rispetto della concorrenza nello svolgimento della gara, mentre sul privato gravano oneri di trasparenza circa la propria posizione, al fine di verificare la ricorrenza di presupposti per la partecipazione alal gara e l’ottenimento della commessa che superano il canone di buona fede che informa le trattative private (il privato è tenuto a dichiarare una serie di circostanze con dichiarazione sostitutiva, che determina una responsabilità penale a titolo di falso ideologico, a dimostrare che l’offerta è in utile, che non ricorre in situazioni di conflitto di interessi e in altre condizioni impeditive).
In detto contesto si spiega il motivo per il quale dopo l’aggiudicazione è prevista una fase di controllo e verifica dei risultati della gara, volta a presidiare l’effettiva applicazione delle regole pubblicistiche che la disciplinano e a evitare che eventi successivi possano determinare l’elusione (a posteriori) della funzione proconcorrenziale.
La qualificazione e la ratio della fase che intercorre fra aggiudicazione e affidamento è quindi la stessa della fase che precede l’aggiudicazione.
L’intera fase prodromica alla stipulazione del contratto è infatti regolamentata dal diritto pubblico, differentemente dal momento esecutivo nel quale vigono le regole civilistiche, fatte salve specifiche previsioni di legge.
Nell’art. 30 comma 8 del d. lgs. n. 50 del 2016 si stabilisce infatti che, per quanto non espressamente disposto dallo stesso decreto, “alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative” si applica la legge n. 241 del 1990 e “alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione” il codice civile.
Nella prospettiva della disciplina sostanziale, pertanto, la cesura è rappresentata espressamente dalla stipula del contratto, che dà avvio alla fase “privatistica”, che costituisce il discrimine fra “procedura di affidamento” e “altre attività amministrative”, da un lato, e “stipula del contratto” ed “esecuzione dello stesso”, dall’altro lato.
Risulta evidente quindi la dicotomia esistente fra i suddetti momenti quanto alla disciplina applicabile, che si basa appunto su una dicotomia di fase, nell’ambito della quale non vi è spazio per una terza fase, quella relativa all’intervallo fra aggiudicazione e affidamento tramite contratto, di cui non si rinviene la ragione d’essere: se, dal punto di vista sostanziale, la disciplina applicabile è, fino al momento della stipula del contratto, la legge n. 241 del 1990 il giudice chiamato a valutarne il rispetto non può che essere il giudice amministrativo, come evidente non solo in ragione di un criterio di coerenza sistematica ma anche per espressa previsione di legge. L’art. 7 comma 2 c.p.a. individua infatti l’ambito della giurisdizione amministrativa facendo riferimento ai soggetti tenuti ad applicare i principi del procedimento amministrativo.

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