L’incostituzionalità sopravvenuta della norma salva il RPCT dalla responsabilità erariale per non aver dichiarato la nullità di un incarico

Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per l’Abruzzo, sentenza n. 103 dell’ 1 agosto 2024


La Sezione è chiamata a pronunciare sulla richiesta di condanna del dott. X, nella qualità di responsabile della prevenzione, della corruzione e della trasparenza della Y s.p.a, per non aver dichiarato la nullità dell’incarico di Presidente della società stessa, conferito ad un soggetto rispetto al quale l’Anac, con propria delibera, aveva dichiarato la sussistenza di una causa di inconferibilità ai sensi dell’art. dall’art. 7, comma 2, lettera d), d.lgs. n. 39/2013, in conseguenza della titolarità in capo al medesimo soggetto dell’incarico di liquidatore di altro ente di diritto privato in controllo pubblico.


La domanda di condanna non può essere accolta.
Occorre prioritariamente considerare che la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 98/2024, intervenuta successivamente alla notifica dell’atto di citazione, ha tra l’altro dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 2, lett. d), d.lgs. n. 39/2013, “nella parte in cui non consent(e) di conferire l’incarico di amministratore di ente di diritto privato – che si trovi sottoposto a controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a quindicimila abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione – in favore di coloro che, nell’anno precedente, abbiano ricoperto la carica di presidente o amministratore delegato di enti di diritto privato controllati da amministrazioni locali (provincia, comune o loro forme associative in ambito regionale)”.


La Corte costituzionale ha dunque ritenuto che “nel caso di specie, il legislatore delegato è andato oltre i limiti che (…) caratterizzano la previsione dell’art. 76 Cost.


Ai sensi dell’art. 136 Cost., “quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”. Ai sensi dell’art. 30, comma 3, l. n. 87/1953, “le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”. In proposito la consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito ha chiarito che una norma di legge dichiarata costituzionalmente illegittima cessa di essere efficace erga omnes ed ex tunc, anche rispetto ai rapporti pendenti, indipendentemente dalla circostanza che la fattispecie sia sorta in epoca anteriore alla pubblicazione della decisione. Gli effetti dell’incostituzionalità, invece, non si estendono ai rapporti esauriti in modo definitivo, ove per “rapporti esauriti” devono intendersi quelli ormai consolidati, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l’ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali, o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia di incostituzionalità (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, sent. n. 2519/2019; Cass. civ., sez. V, sent. n. 4842/2024).
Nella fattispecie in esame la decisione del giudizio presuppone una valutazione incidentale circa la sussistenza della dedotta causa di inconferibilità rispetto all’incarico di presidente della GSA, da effettuarsi ai sensi dell’art. 7, comma 2, lett. d), d.lgs. n. 39/2013, dichiarato incostituzionale con la citata sentenza n. 98/2024.
Una tale valutazione, tuttavia, in disparte ogni pronuncia sull’effettiva sussistenza della causa di inconferibilità dell’incarico, considerata l’efficacia ex tunc della dichiarazione di incostituzionalità, deve ritenersi preclusa successivamente alla citata pronuncia costituzionale, realizzandosi altrimenti una perdurante applicazione della disposizione stessa. Stante l’inapplicabilità con efficacia ex tunc della norma che si assume violata, viene dunque meno lo stesso fondamento normativo della condotta asseritamente illecita contestata al convenuto.
Deve precisarsi che il rapporto in questione non può ritenersi esaurito ai fini della limitazione alla retroattività della dichiarazione di incostituzionalità.


Tenuto conto di quanto deciso, resta assorbita ogni ulteriore questione sollevata dalle parti.
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