Consiglio di Stato, sentenza n. 7528 dell’11 settembre 2024
Occorre precisare preliminarmente che qui non viene in rilievo una domanda di accertamento dell’illegittimità a fini risarcitori (art. 34, co. 3, c.p.a.) per la quale sarebbe stata sufficiente la sola manifestazione del relativo interesse (cfr. Cons. Stato, Ad. plen. n. 8 del 2022), ma una vera e propria domanda di condanna al risarcimento del danno, per cui incombe sulla parte attrice l’onere della prova di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di illecito, secondo gli ordinari criteri di riparto.
Ciò posto, nel caso di specie, anche a prescindere dall’asserita illegittimità dell’atto impugnato, manca innanzitutto una sufficiente prova sia dell’elemento soggettivo della colpa che di quello oggettivo del danno e del nesso di causalità.
A tal proposito, giova richiamare brevemente gli orientamenti della giurisprudenza amministrativa in materia di responsabilità della pubblica amministrazione per i danni da provvedimento illegittimo (cfr., di recente, Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2024, n. 1087).
Com’è noto, la lesione dell’interesse legittimo è condizione necessaria – anche se non sufficiente – per accedere alla tutela risarcitoria, occorrendo anche verificare che risulti leso, per effetto dell’attività illegittima e colpevole dell’amministrazione, l’interesse materiale al quale si correla l’interesse legittimo: il risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa non può prescindere dalla spettanza di un bene della vita, atteso che è soltanto la lesione di quest’ultimo che qualifica in termini di ingiustizia il danno derivante dal provvedimento illegittimo (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 21 aprile 2023 n. 4050).
Ne consegue che ai fini della sussistenza di una responsabilità dell’amministrazione per danni da provvedimento illegittimo, la valutazione non può avvenire sulla base del mero dato obiettivo dell’illegittimità dell’azione amministrativa, dovendo, al contrario, il giudice svolgere una più penetrante indagine, estesa anche alla valutazione dell’elemento soggettivo. In particolare, deve essere fornita la dimostrazione che la pubblica amministrazione abbia agito quanto meno con colpa, in contrasto con i canoni di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 Cost.
La responsabilità della pubblica amministrazione può, dunque, ritenersi accertata quando, tenuto conto del comportamento complessivo degli organi intervenuti nel procedimento (Consiglio di Stato, sez. III, 14 maggio 2015, n. 2464), la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimento normativo e giuridico tale da palesare la negligenza e l’imperizia dell’organo nell’assunzione del provvedimento viziato (Consiglio di Stato, sez. III, 11 marzo 2015 n. 1272).