Mario Rossi e la multa per il “pezzotto”

In questo post, tra il serio e il faceto, proverò a immaginare la situazione di un ipotetico Mario Rossi destinatario incolpevole della multa comminata secondo le nuove norme anti-pirateria (approvate dal Senato, e quindi di prossima approvazione alla Camera, con l’introduzione dell’articolo 174-sexies della legge 22 aprile 1941, n. 633) contro il c.d. “pezzotto” , cioè l’utilizzo di sistemi illegali per fruire in streaming di contenuti di cui siano titolari altri soggetti, quali, per esempio, una partita di calcio. Proverò a fare il parallelismo con un’altra situazione molto conosciuta dagli italiani: la multa per eccesso di velocità rilevata da un autovelox.

Antefatto

Mario Rossi, il nostro personaggio immaginario, riceve una multa di 300 euro (il minimo è 150, il massimo è 5000) perchè, secondo il verbale, ha visto illegalmente una partita di calcio collegandosi a un sito web “pirata” situato all’estero, invece di fruire lo stesso contenuto mediante un legittimo abbonamento.

La base dell’accusa è la segnalazione di un servizio di VPN di Honk Kong, che sostiene che nel giorno X all’ora Y l’indirizzo IP pubblico 171.128.15.12 (indirizzo di fantasia) era in collegamento con un sito pirata, e che tale indirizzo IP pubblico si collegava dall’Italia, e, a seguito di approfondimenti della Guardia di Finanza, in collaborazione con l’Internet Service provider,  tale indirizzo IP pubblico in quel giorno e quell’ora era riconducibile alla connettività di casa di Mario Rossi.

La base della segnalazione

Sappiamo benissimo che quando ci viene contestata una multa per eccesso di velocità rilevata da un autovelox, l’apparecchiatura deve essere autorizzata, omologata e periodicamente sottoposta a taratura da parte di soggetti terzi rispetto al produttore e al detentore. Inoltre, il verbale è sottoscritto da un pubblico ufficiale, il quale si assume tutta la responsabilità della veridicità di alcuni fatti (p.es.: che la rilevazione proviene esattamente dall’autovelox indicato). Quindi: 1) abbiamo un’apparecchiatura controllata all’inizio e periodicamente, di cui possiamo chiedere tutti i documenti che attestano autorizzazione, omologazione e tarature; 2) vi sono dei soggetti, identificati e autorizzati a operare sul suolo italiano, che attestano la correttezza della rilevazione (i verificatori della taratura, il vigile urbano, ecc…).

Nel caso del provider di servizi internet, non sappiamo chi sia (potrebbe essere un mitomane, un pregiudicato, un mafioso, uno squilibrato, un imprenditore poco preciso), e, cosa più importante, non lo sa nemmeno l’autorità che riceve la segnalazione. Inoltre, non sappiamo (e non possiamo sapere) dove siano e quali siano e come siano le apparecchiature che hanno rilevato la nostra infrazione; non possiamo verificare ex post che i dati siano esattamente quelli riferiti, non possiamo verificare se le apparecchiature siano a “prova di errore” (in misura ragionevole), oppure se vi sia stato semplicemente un operatore che abbia annotato in modo distratto su un fogliettino di carta l’indirizzo IP di una connessione.

L’elaborazione dei dati

Nel caso della multa abbiamo una foto che possiamo consultare, attribuita ad un veicolo di cui possiamo controllare i dati; infatti ognuno di noi può verificare se vi sia stato un errore nell’interrogazione al PRA della targa rilevata, oppure se l’operatore ha confuso una F con una E. Tutti noi conosciamo la nostra auto (e possiamo provare come sia la nostra auto), per cui la verifica dell’elaborazione dei dati e dell’attribuzione a noi del possesso della vettura è immediata.

Nel caso dei dati della connessione, nessuno di noi è in grado di dire quale fosse l’indirizzo IP di casa propria in un giorno X all’ora Y di cinque mesi prima (in realtà nemmeno del giorno prima) 11. Inoltre nessun cittadino medio, che non sia un informatico, sa come funziona l’attribuzione di indirizzi IP, se realmente quell’indirizzo IP sia in grado di identificare univocamente la nostra connessione di casa o meno.

Contestazione della multa 

Nel caso dell’autovelox, in presenza di un errore il più delle volte basta andare al comando di polizia e fare rilevare che l’auto fotografata non è la nostra; se va male, potremo presentare un ricorso al Giudice di Pace (di solito tramite avvocato, ma con compensi non elevati) o al Prefetto (autonomamente).

Nel caso delle connessioni “pirata”, visto che molto probabilmente la multa sarà elevata dall’AGCOM che non ha un “ufficio verbali” in ogni città, per contestare la multa dovremmo ricorrere ad un avvocato che presenti un ricorso al Tribunale Amministrativo di Roma, competente per decidere sulle sanzioni elevate dall’Agcom. In media il compenso per un ricorso al TAR è intorno a euro 4.500; già al nostro Mario Rossi son venuti i capelli ritti!

Ovviamente l’avvocato chiederà di avvalersi di un consulente tecnico di parte, visto la notevole complessità informatica della questione; in media altri 1.500-3.000 euro.

Ok pago,….e se non finisce qui?

A questo punto il nostro Mario Rossi, seppur convinto della sua innocenza, messi da parte gli idealismi e la voglia di “dimostrare la verità”, decide di pagare direttamente la multa.

Quindi si informa con dei professionisti, perchè almeno vuole avere la certezza che la vicenda si chiuda con il pagamento.

E qui ha un’altra brutta sorpresa: il fatto che un provider abbia comunicato una volta un determinato indirizzo IP sbagliato (per sciatteria, per errore, o per altro motivo), non preclude che continui a fare segnalazioni sbagliate, anzi….

Infatti nelle norme in fase di approvazione, ci sono sanzioni elevate (fino all’arresto) per il provider che omette la segnalazione, ma non per il provider che sbaglia, anche più volte.

Inoltre, l’acquiescenza alla prima sanzione, potrebbe costituire il presupposto logico per provare una seconda volta che in effetti Mario Rossi è abituato a utilizzare il “pezzotto”.

Conclusioni

Abbiamo visto, con questa breve storiellina semiseria, quanto possa essere pericoloso il meccanismo previsto dalle nuove norme del decreto sicurezza, per cui speriamo che vi siano dei notevoli correttivi per riportare il tutto entro i limiti previsti da un ordinamento democratico

Note

  1. L’ISP è tenuto ad avere questi log per molto tempo.
    Il problema sorge quando le connessioni sono NATTATE e un IP pubblico è condiviso con 4 utenze o, peggio, con il CGNAT, con molte di più. L’ISP deve fornire i LOG di chi effettivamente ha fatto la navigazione verso l’IP pirata, ma, ovviamente, questi sono tecnicismi che il cittadino medio non conosce ↩︎

Comments are closed.