TAR Lombardia, ordinanza n. 2584 del 7 ottobre 2024
In via preliminare deve escludersi la tardività della notificazione dell’istanza di Y, tardività eccepita dalla difesa della parte resistente.
L’art. 36 comma 3 del codice prevede che nella comunicazione di aggiudicazione la stazione appaltante dà atto delle decisioni assunte sull’eventuale richiesta di oscuramento delle offerte, così come indicata dagli operatori. Le decisioni di cui al comma 3 dell’art. 36 sono impugnabili ai sensi dell’art. 116 del c.p.a. (trattandosi di un sostanziale diniego di accesso), seppure attraverso il particolare rito di cui al successivo comma 4. Tale ultimo comma ha introdotto un nuovo rito speciale in materia di accesso per i contratti pubblici, rito caratterizzato dall’estrema celerità rispetto al modello processuale di cui all’art. 116 del c.p.a., modello che già si contraddistingue comunque per una maggiore speditezza rispetto all’ordinario rito davanti al giudice amministrativo.
Ai sensi del citato comma 4, il ricorso contro le decisioni sull’accesso deve essere notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale dell’aggiudicazione.
Nel caso di specie la comunicazione è intervenuta il 22 luglio 2024 (cfr. il doc. 23 della ricorrente ed il doc. 9 di Comef) e l’istanza di Y è stata notificata e depositata il successivo 23 agosto 2024. Secondo X, il termine perentorio di legge di dieci giorni non sarebbe stato rispettato in quanto il termine di sospensione feriale di cui all’art. 54 del c.p.a. non si applicherebbe al rito accelerato di cui all’art. 36 comma 4 del codice, attese le esigenze di celerità che sono alla base del nuovo rito processuale.
L’argomento, ancorché suggestivo, non appare fondato.
L’art. 54 del c.p.a. è assolutamente chiaro nel prevedere sia la sospensione dei termini processuali dal 1° agosto al 31 agosto di ogni anno (comma 2) sia la mancata applicazione della sospensione al solo «procedimento cautelare» (così testualmente il comma 3), al pari del resto dell’art. 5 della legge n. 742 del 1969, il quale stabilisce che in materia amministrativa la sospensione dei termini di cui all’art. 1 della stessa legge non si applica «nel procedimento per la sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato».
Il termine di sospensione feriale si applica pertanto anche ai riti amministrativi speciali, fra i quali quello sull’accesso (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza n. 6326 del 2004; TAR Lombardia, Milano, Sezione IV, sentenza n. 6380 del 2007 e TRGA Trento, sentenza n. 141 del 2021).
Di fronte al citato dato letterale ed al pacifico indirizzo esegetico della giurisprudenza, non si vedono ragioni per escludere l’applicazione della sospensione feriale al rito di cui all’art. 36 comma 4 del codice. Se il legislatore avesse voluto escludere la sospensione feriale, avrebbe modificato i citati articoli 54 del c.p.a. e 5 della legge n. 742 del 1969 la cui formulazione letterale, giova ripetere, si scontra con la tesi propugnata da X.
D’altronde, le norme processuali di cui ai menzionati articoli 54 e 5 valgono a regolare il corretto esercizio del diritto di difesa previsto dall’art. 24 della Costituzione e l’interpretazione sostenuta dalla resistente, oltre a contrastare con il dato letterale delle norme di legge, finirebbe per pregiudicare il diritto di difesa della parte ricorrente. La disciplina sullo svolgimento del processo impone una particolare chiarezza normativa sicché, in difetto di una espressa previsione di legge, non può negarsi la sospensione feriale al rito dell’art. 36 comma 4 del codice.
Si conferma, pertanto, la tempestività dell’impugnazione.