Il Consiglio di Stato disattende di nuovo le conclusioni delle Sezioni Unite: il danno da lesione dell’affidamento rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo

Consiglio di Stato, sentenza n. 9467 del 25 novembre 2024

Il tema della responsabilità della pubblica amministrazione per lesione dell’affidamento da provvedimento favorevole ma illegittimo, poi annullato in via giurisdizionale o in autotutela dalla stessa p.a. – nonché, in un secondo momento, il danno da lesione dell’affidamento patito a prescindere dall’attività provvedimentale (fattispecie pertinente al presente giudizio) – è stato oggetto di pronunce divergenti da parte delle Sezioni unite della Corte di cassazione e dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

Le Sezioni unite con tre coeve ordinanze (nn. 6594, 6595 e 6596 del 2011) hanno ritenuto ricomprese nel perimetro della giurisdizione del giudice ordinario:

Le ordinanze di cui sopra hanno segnato una soluzione di continuità nella giurisprudenza di legittimità, laddove hanno ritenuto di superare il precedente orientamento – rappresentato dalla pronuncia n. 8511/2009 delle Sezioni Unite – che riteneva sufficiente, al fine del radicamento della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il mero collegamento della controversia con le materie indicate dalla legge e, per questa via, operava il riparto della giurisdizione sulla scorta della semplice definizione delle aree coperte dalle materie delineate dal legislatore. Aspetto centrale per ricondurre la giurisdizione al giudice ordinario è che l’agere amministrativo corrisponde a un mero comportamento, che non risulta riconducibile (neppure in via mediata) al potere amministrativo.

L’orientamento inaugurato dalle Sezioni unite nel 2011 è stato ribadito, non senza qualche indecisione e correzione di rotta, dalle sezioni unite nel corso del tempo. Con ordinanza del 28 aprile 2020, n. 8236, le Sezioni unite hanno ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario in caso di risarcimento del danno da lesione dell’affidamento, in quanto relativa a un danno «che oggettivamente prescinde da valutazioni sull’esercizio del potere pubblico», appuntandosi su doveri di comportamento, perizia, prudenza, diligenza, correttezza, richiesti dall’ordinamento anche all’Amministrazione. Questa tutela, però – stante la mancanza di connessione tra il danno e il potere pubblico, e la consistenza di diritto soggettivo della situazione (affidamento) fatta valere – non sarebbe riconducibile alla giurisdizione del g.a., con conseguente riserva della relativa cognizione al giudice ordinario. In tale pronuncia le sezioni unite hanno quindi esteso l’orientamento inaugurato nel 2011 anche, all’ipotesi, simile a quella oggetto del presente giudizio, in cui nessun provvedimento amministrativo ampliativo della sfera giuridica del cittadino sia stato emanato, cosicché, in definitiva, il privato abbia riposto il proprio affidamento in un comportamento dell’amministrazione.

Le coordinate ermeneutiche tracciate dalle sezioni unite citate sono state, poi, pianamente confermate dalla Corte di cassazione (sez. un., 15 gennaio 2021, n. 615), ove è stato ribadito che «spetta alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria la controversia relativa ad una pretesa risarcitoria fondata sulla lesione dell’affidamento del privato nell’emanazione di un provvedimento amministrativo a causa di una condotta della pubblica amministrazione che si assume difforme dai canoni di correttezza e buona fede»; ciò – proseguono le sezioni unite – «non solo nel caso in cui tale danno derivi dalla emanazione e dal successivo annullamento di un atto ampliativo illegittimo, ma anche nel caso in cui nessun provvedimento amministrativo sia stato emanato, cosicché il privato abbia riposto il proprio affidamento in un mero comportamento dell’amministrazione».

Di diverso avviso è, invece, stata l’Adunanza plenaria, la quale, con sentenza n. 20/2021, ha precisato che l’affidamento ha ad oggi assunto il ruolo di principio regolatore di ogni rapporto giuridico, anche quelli di diritto amministrativo, con ciò confermando quanto già statuito in tempi recenti dal Consiglio di Stato, che, con affermazione di carattere generale, ha stabilito che l’affidamento «è un principio generale dell’azione amministrativa che opera in presenza di una attività della pubblica amministrazione che fa sorgere nel destinatario l’aspettativa al mantenimento nel tempo del rapporto giuridico sorto a seguito di tale attività» (Cons. Stato, sez. VI, 13 agosto 2020, n. 5011). L’affidamento non costituisce, quindi, una posizione giuridica autonomamente rilevante, ma è un quid pluris, che assume la natura del rapporto principale sul quale s’innesta.

In punto di responsabilità, l’Adunanza plenaria (sentenza n. 7 del 2021) ha espressamente disatteso le conclusioni delle sezioni unite che hanno ritenuto nella fattispecie sussistente una responsabilità da contatto sociale qualificato

Le conclusioni raggiunte dalla Plenaria non sono state condivise da altra sentenza delle sezioni unite (ordinanza 24 gennaio 2023, n. 2175).

La ricostruzione delle Sezioni unite non può però essere condivisa, oltre che per gli argomenti già evidenziati dall’Adunanza plenaria n. 20 del 2021.

Sostenere che ogni qual volta ci sia lesione di un affidamento ingenerato da una condotta della p.a. posta in violazione di regole di correttezza e buona fede la giurisdizione sia del giudice ordinario è conclusione non in linea con la stessa legge n. 241 del 1990, che ha, peraltro, inaugurato una tendenza legislativa che trova il suo punto di arrivo nel codice dei contratti pubblici (cfr., art. 5 d.lgs. n. 36 del 2023, rubricato “Principi di buona fede e di tutela dell’affidamento”).

Separando idealmente il profilo provvedimentale-pubblicistico da quello civilistico anche con riferimento all’attività autoritativa non contrattuale, si corre, peraltro, il serio rischio di duplicare le situazioni giuridiche soggettive.

In relazione, invece, ai meri comportamenti, per i quali è pacifica la giurisdizione del giudice ordinario, la pubblica amministrazione opera come qualsiasi soggetto di diritto, trattandosi di comportamenti materiali non collegati nemmeno in via indiretta o mediata al potere pubblico.

Ritiene, dunque, il Consiglio di dover ribadire la tesi della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo.

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