Su diverse testate nazionali si è dato contezza del fatto che il testo del decreto legislativo di modifica del codice dei contratti pubblici (c.d. correttivo appalti) avrebbe previsto la possibilità di corrispondere gli incentivi per funzioni tecniche anche ai dirigenti della pubblica amministrazione.
Infatti il d.lgs. 36/2023, art. 45 stabiliva un espresso divieto in proposito al comma 4, ultima frase: ” Le disposizioni del comma 3 (ndr: gli incentivi) e del presente comma non si applicano al personale con qualifica dirigenziale“.
Il c.d. “correttivo degli appalti” (cioè il d.lgs. 209/2024), ha riscritto tutto il comma 4, sopprimendo, tra l’altro, l’ultima frase.
Dall’abrogazione del divieto, quindi, molti hanno tratto la convinzione che la disposizione permetta ora la corresponsione degli incentivi. Tale opinione sarebbe peraltro corroborata dal fatto che da più parti e in sede di esame alla Camera dei Deputati, si sia sottolineata la necessità di consentire la corresponsione dell’incentivo al personale dirigente.
Inoltre, recentemente un altro provvedimenti legislativo (Decreto legge 24 febbraio 2023, n. 13, art. 8 comma 5) ha previsto la possibile di erogare tale incentivo pure al personale con qualifica dirigenziale, ma solamente per i progetti del PNRR (Per le medesime finalità di cui ai commi 3 e 4, per gli anni dal 2023 al 2026, le regioni, gli enti locali e gli enti e le aziende del Servizio sanitario nazionale prevedono nei propri regolamenti e previa definizione dei criteri in sede di contrattazione decentrata, la possibilità di erogare, relativamente ai progetti del PNRR, l’incentivo di cui all’articolo 113 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, anche al personale di qualifica dirigenziale coinvolto nei predetti progetti, in deroga al limite di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017 n.75.)
Sembra, però, che queste considerazioni non tengano conto dei principi di cui all’art. 24 del testo unico del pubblico impiego (d.lgs. 165/2001).
In particolare l’art. 24 dispone, al comma 1, che “La retribuzione del personale con qualifica di dirigente è determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali” e, al comma 3, che “Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa” .
In sintesi, nel pubblico impiego è un principio fondamentale che è possibile erogare i compensi (espressamente) previsti dal contratto collettivo o dalla legge. Non vige, cioè, il principio per cui è possibile erogare i compensi non espressamente vietati, ma il contrario, cioè che è possibile erogare solo i compensi espressamente previsti dal contratto collettivo o dalla legge. Inoltre, con norma espressa per il personale dirigenziale, la retribuzione ordinaria si intende onnicomprensiva di qualsiasi altra attività e incarico conferito in ragione del loro ufficio.
Tenendo presente tali principi (il principio dell’onnicomprensività della retribuzione, soprattutto dei dirigenti, e della tassatività delle fonti di remunerazione previste dall’ordinamento), si comprende che l’abrogazione del divieto di corrispondere gli incentivi ai dirigenti, non equivale tout court alla previsione espressa di erogare tale incentivo al personale dirigenziale.
Bisognerà verificare, quindi, se la modifica legislativa sarà interpretata come norma di legge speciale (e derogatoria rispetto al principio sancito dall’art. 24 del d.lgs. 165/2001), in cui il termine “personale” include anche i dirigenti, oppure, in mancanza di espressa previsione di attribuzione di tali emolumenti pure al personale di qualifica dirigenziale, e quindi in difetto di espressa deroga, la norma si intenderà applicabile solo al personale con qualifica non dirigenziale.
Concludo citando due sentenze (tra le tante) della Corte dei Conti:
In questa cornice normativa, ispirata al principio generale dell’onnicomprensività della retribuzione (v., ex multis, Corte dei conti, Sez. Aut., del. n. 7/2014; Sez. Contr. Veneto, del. n. 361/2013, Sez. Contr. Lombardia, del. n. 401/2019, contenente richiami in senso conforme), si inseriscono solo le ipotesi derogatorie normativamente disciplinate, in un quadro di assoluta tassatività per le figure dirigenziali (v. art. 24 d.lgs. n. 165/2001) con aperture di poco maggiori per quelle non dirigenziali (v., ad es., i cd. incentivi per le funzioni tecniche, previsti dal Codice degli appalti; per il recupero delle imposte evase, per il personale dell’Amministrazione finanziaria e degli ee.ll., reintrodotti da ultimo con la l. n. 145/2018 o, ancora, i compensi per gli Avvocati degli Enti pubblici di cui alla l. n. 247/2012)(Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Molise, sentenza n. 72/2021)
Nel merito, ha ritenuto che l’attività di recupero dell’evasione TARSU non fosse assolutamente incentivabile, vigendo, notoriamente, un principio di stretta tipicità delle fonti di remunerazione, sancito dall’art. 45, comma 1, del d.lgs. 165/2001 (secondo cui il trattamento economico fondamentale ed accessorio è definito dai contratti collettivi), in combinato disposto con l’art. 15, comma 1, lett. k, del CCNEL 1.4.99 (il quale consente di utilizzare a fini premiali le risorse “che specifiche disposizioni di legge finalizzano alla incentivazione di prestazioni o di risultati del personale”), nonché, con specifico riguardo al personale titolare di posizione organizzativa ed al segretario comunale, anche il principio di onnicomprensività della retribuzione, per cui il progetto di recupero evasione della TARSU, approvato dall’Unione per il solo Comune, costituirebbe un artificioso escamotage finalizzato, in realtà, a corrispondere al personale degli incentivi allo stesso radicalmente inibiti(Corte dei Conti, Seconda Sezione Centrale d’Appello, sentenza n. 57/2023).
Sicuramente, come sempre in ogni ordinamento giuridico moderno, saranno determinanti le interpretazioni date dalle autorità competenti a vigilare sull’applicazione della legge, che potrebbero corroborare l’interpretazione possibilista, o, al contrario, confermare che è ancora vietata la corresponsione di tale emolumento ai dirigenti.