Corte di Cassazione, sez. L, sentenza n. 24834 del 9 dicembre 2015
A seguito di una verifica amministrativo-contabile presso il Comitato Centrale della Croce Rossa Italiana in merito alla regolarità della costituzione e della erogazione dei Fondi relativi al trattamento accessorio del personale, emerse che l’Ente aveva corrisposto, a titolo di compenso incentivante, somme in eccesso per gli anni 2003 e 2004.
Con riferimento al Fondo 2005 erano stati versati degli acconti, giacché a seguito dell’intimazione del Collegio dei Revisori il pagamento del saldo – di regola corrisposto nel mese di maggio dell’anno successivo – venne sospeso, senza erogazione di ulteriori importi, fino alla conclusione della verifica Ispettiva. Alla stregua delle risultanze ispettive, il Ministero dell’Economia e delle Finanze impose alla C.R.I. “formulare un piano di rientro da realizzare nell’arco temporale più breve possibile ai fini del recupero delle somme illegittimamente corrisposte”. Onde ottemperare a tale prescrizione, la C.R.I. deliberò di recuperare nell’arco di cinque anni l’importo mediante riduzione degli stanziamenti dei Fondi relativi agli anni successivi.
Giova ricordare che, in caso di pubblico impiego privatizzato nel caso di domanda proposta da una amministrazione nei confronti di un proprio dipendente in relazione alle somme corrisposte a titolo di retribuzione, qualora, risulti accertato che l’erogazione sia avvenuta sine titulo, è consentita la ripetibilità delle somme ex art. 2033 c.c. e tale ripetibilità non è esclusa per la buona fede dell’ accipiens, in quanto questa norma riguarda, sotto il profilo soggettivo, soltanto la restituzione dei frutti e degli interessi (Cass. sent. n. 8338/2010 cit. e Cass n. 29926/2008).
Ma nella vicenda che interessa, nulla è stato recuperato nei confronti dei singoli lavoratori, i quali nessuna trattenuta hanno subito sulle competenze mensili per ricalcolo del compenso incentivante a ciascuno erogato negli anni interessati dalla verifica ispettiva, pur avendo costoro percepito l’incentivo in misura superiore a quanto sarebbe spettato.
È principio generale del rapporto di impiego pubblico contrattualizzato, affermato dal testo unico D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 8, che la spesa sostenuta dall’Amministrazione per il proprio personale debba essere “evidente, certa e prevedibile nella evoluzione” e che le risorse finanziarie destinate a tale spesa siano “determinate in base alle compatibilità economico-finanziarie definite nei documenti di programmazione e di bilancio” (art. 8).
Per le amministrazioni di tutti i comparti sono previste verifiche degli organi interni di controllo sul rispetto dei limiti imposti dalla contrattazione collettiva integrativa e sulle sue implicazioni finanziarie. Inoltre, il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 3 (nel testo originale precedente la riforma introdotta con il D.Lgs. n. 150 del 2009) è volto a sanzionare espressamente con la nullità le clausole del contratto di secondo livello difformi dalle prescrizioni del primo livello e che comportino la violazione di vincoli derivanti dagli strumenti di programmazione economicafinanziaria.
Alla luce di tali principi, deve ritenersi legittima la riduzione operata dalla C.R.I., in conformità alla cogente previsione dell’art. 40, terzo comma, d.lgs. 165/2001 (nel testo applicabile ratione temporis alla fattispecie), per il vincolo di bilancio posto dalla relazione ispettiva, cui la C.R.I. era tenuta a conformarsi