Corte di Cassazione, sez. L, sentenza n. 24681 del 02 dicembre 2016
Nel fissare i limiti dell’obbligo di reperibilità del lavoratore alle visite di controllo questa Corte ha infatti precisato, con orientamento risalente e consolidato, che, mediante la previsione di cui all’art. 5 I. n. 638/1983, si è imposto al lavoratore un comportamento (e cioè la reperibilità nel domicilio durante prestabilite ore della giornata) che è, ad un tempo, un onere all’interno del rapporto assicurativo ed un obbligo accessorio alla prestazione principale del rapporto di lavoro, ma il cui contenuto resta, in ogni caso, la “reperibilità” in sé; con la conseguenza che l’irrogazione della sanzione può essere evitata soltanto con la prova, il cui onere grava sul lavoratore, di un ragionevole impedimento all’osservanza del comportamento dovuto e non anche con quella della effettività della malattia, la quale resta irrilevante rispetto allo scopo, che la legge ha inteso concretamente assicurare, dell’assolvimento tempestivo ed efficace dei controlli della stessa da parte delle strutture pubbliche competenti, siano esse attivate dall’ente di previdenza ovvero dal datore di lavoro ai sensi dell’art. 5 legge 20 maggio 1970 n. 300.
il dipendente non può limitarsi a produrre il certificato medico attestante l’effettuazione di una visita specialistica, ma deve dare dimostrazione delle “comprovate necessità” che impediscono l’osservanza delle fasce orarie, e cioè che la visita non poteva essere effettuata in altro orario al di fuori delle predette fasce, “ovvero che la necessità della visita era sorta negli orari di reperibilità, tenuto conto che il giustificato motivo di assenza del lavoratore ammalato dal proprio domicilio durante le fasce orarie di reperibilità, di cui all’art. 5 della normativa sopra indicata, si identifica in una situazione sopravvenuta che comporti la necessità assoluta ed indifferibile di allontanarsi dal luogo nel quale il controllo deve essere esercitato” (cfr. Cass. n. 2756/1995; conforme Cass. n. 13982/1991). Tale principio di diritto è stato ancora e più di recente ribadito da Cass. n. 3226/2008, secondo cui la violazione da parte del lavoratore dell’obbligo di rendersi disponibile per l’espletamento della visita domiciliare di controllo entro tali fasce assume rilevanza di per sé, a prescindere dalla presenza o meno dello stato di malattia, e può anche costituire giusta causa di licenziamento”. Nel caso di specie, la Corte ha accertato come il lavoratore non solo non avesse mai documentato, neppure ex post, alcuna causa di giustificazione in relazione all’assenza dal domicilio del 29/2/2008, ma avesse, per le quattro assenze precedenti (in data 25/10/2007, 10/12/07, 18/12/2007 e 18/1/2008), prodotto certificati medici, oggetto di specifico esame, inidonei a provare un serio e fondato motivo che giustificasse l’assenza alle visite domiciliari di controllo.
la sentenza