Commissione Tributaria Regionale Milano, Sentenza 02 febbraio 2017, n. 321
Un ulteriore presupposto per l’operatività del tributo stesso è il luogo pubblico o aperto al pubblico.
La questione giuridica da affrontare – che consta di precedenti giurisprudenziali contrastanti – è se il “centro commerciale” possa essere inteso come luogo aperto al pubblico. Nel caso di specie, è certo che la pubblicità è stata realizzata all’interno di un centro commerciale, il “L.C.”. Come noto, per «centro commerciale» si intende, in linea di principio, un complesso edilizio costruito per ospitare attività commerciali, attraverso la previsione di distinte unità immobiliari destinate a singoli negozi o ad altre attività di commercio (come cinema, ristoranti, banche e altri servizi dia persona come parrucchieri, palestre etc.). Ai fini della normativa civilistica e penalistica, certamente il centro commerciale è luogo aperto al pubblico, poiché vi è consentito l’accesso indiscriminato a una generalità di soggetti. Si ritiene che la pubblicità svolta in detto complesso edilizio sia da qualificare come effettuata in luogo aperto al pubblico: secondo la giurisprudenza di legittimità, presupposto dell’imponibilità va ricercato nell’astratta possibilità del messaggio pubblicitario, in rapporto all’ubicazione del mezzo, di avere un numero indeterminato di destinatari, divenuti tali per il solo fatto di trovarsi in quel luogo determinato. Si è così ritenuto, ad esempio, che, ai fini dell’applicazione dell’imposta, costituisse luogo aperto al pubblico lo spazio interno delle stazioni ferroviarie, a cui è consentito l’accesso a tutti i soggetti muniti di biglietto di viaggio (Cass. Civ. n. 27497 del 2014); ciò in quanto, dalla disposizione normativa di cui all’art. 5 cit., si evince che il presupposto impositivo debba essere individuato nell’astratta possibilità del messaggio, in rapporto all’ubicazione del mezzo, di avere un numero indeterminato di destinatari, che diventano tali solo perché vengono a trovarsi in quel luogo determinato (cfr. anche Cass. civ. sez. 5 2 ottobre 2009, n. 21161 e Cass. civ. sez. 5 8 settembre 2008, n. 22572 e la più risalente Cass. n. 1930/1990). Ne consegue che i centri commerciali liberamente accessibili a una indiscriminata mole di utenza siano da qualificare come luoghi aperti al pubblico, eccezion fatta per il caso – qui non ricorrente – di aree private, in forme di aree commerciali, riservate a una specifica utenza titolata all’accesso (v. CTP Bari, sentenza n. 185/10/11).