Corte di Cassazione, sez 1, sentenza n. 8630 del 3 aprile 2017
In tema di spese fuori bilancio dei Comuni e, più in generale, degli enti locali, l’insorgenza del rapporto obbligatorio direttamente con l’amministratore o il funzionario
che abbia consentito la prestazione – con conseguente impossibilità di esperire nei confronti del Comune l’azione di arricchimento senza causa, stante il difetto del necessario requisito della sussidiarietà – si ha in tutti i casi in cui manchi una valida ed impegnativa obbligazione dell’ente locale (cfr., ex plurimis, Cass. 23/01/2014, n. 1391; Cass. 09/10/2014, n. 21340; Cass. 30/10/2013, n. 24478; Cass. 26/05/2010, n. 12880). E neppure giova invocare un riconoscimento dell’obbligo in questione da parte del Comune – che sarebbe, peraltro, avvenuto con una mera nota sindacale e con il pagamento di alcune fatture, e non mediante una delibera dell’organo rappresentativo dell’ente – atteso che, come dianzi detto, tale riconoscimento non ha la funzione di introdurre una sanatoria per i contratti nulli o, comunque, invalidi – come quelli conclusi senza il rispetto della forma scritta «ad substantiam» – né di apportare una deroga al regime di inammissibilità dell’azione di indebito arricchimento di cui all’art. 23 del d.l. 2 mar- zo 1989, n. 66, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 1989, n. 144 e successive modifiche (Cass. 27/4/2011, n. 9412; Cass. 12/11/2013, n. 25373; Cass. 27/1/2015, n. 1510).