Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Veneto, sentenza n. 77 del 10 luglio 2017
Le fattispecie complessivamente oggetto di contestazione da parte della Procura sono quattro, e cioè: (i) impiego da parte della struttura X di un numero di O.S.S., nel periodo 2010-2012, inferiore a quello previsto dagli standard applicabili; (ii) adibizione di alcuni O.S.S., nel periodo 2010-2014, a mansioni non ammesse a rimborso, consistenti in particolare in attività di pulizia, servizio igiene biancheria, relazioni utente-famiglia; (iii) impiego di un numero di infermieri, nel periodo 2010-2014, inferiore agli standard applicabili; (iv) impiego di un numero di medici specialisti, nel periodo 2011-2014, inferiore agli standard applicabili.
In forza di DGR 3368/1996 la struttura X, riceveva l’autorizzazione all’attivazione di una R.S.A. per disabili, volta alla ricezione sia di pazienti di base che di pazienti ad alta intensità assistenziale per riabilitazione mentale. Con successiva DGR 2537/2000, la struttura X veniva inserita fra le cd. “Grandi Strutture” per la residenzialità extraospedaliera nel quadro della programmazione regionale sulla residenzialità socio-sanitaria.
In considerazione di quanto sopra, quale R.S.A. accreditata con delibera regionale, risulta dunque chiamata alla prestazione di servizi e attività di assistenza sanitaria di pertinenza pubblica (ex art. 43 L. n. 833/1978 e art. 8 D. Lgs. 502/1992), assumendo rispetto a essi la qualifica di concessionario di pubblico servizio (Corte conti, Sez. I App., 29.07.2016, n. 290; Cass., Sez. Un., 14.01.2015, n. 473; 14.01.2005, n. 603; 8.07.2005, n. 14335; 20.02.1999, n. 88).
Le convenzioni con l’A.U.L.S.S. ratione temporis in vigore, per gli anni oggetto di contestazione (i.e., dal 2010 al 2014), fissano espressamente gli standard di personale qualificato da impiegare mediante rinvio alla DGR 2034/1994, relativa agli ospiti a media intensità assistenziale, alla DGR 2537/2000, per gli ospiti ad alta intensità assistenziale, e alla comunicazione prot. n. 13224/2000 del 20.09.2000, esplicativa delle modalità di applicazione delle maggiorazioni di personale per gli ospiti ad alta intensità, e prevedono poi una clausola di chiusura che sancisce il necessario adeguamento “nel caso in cui la Regione Veneto modifichi con direttiva gli standard del personale” (cfr. l’art. 3 delle convenzioni 607/2009, 330/2012 – successivamente prorogata dalle convenzioni 678/2012 e 892/2012 – 288/2013 e 594/2013).
Oltre a tale rinvio sintetico alle DGR 2034 e 2537, tutte le convenzioni elencano analiticamente, nel rispettivo allegato A), l’esatto numero di unità di personale qualificato, suddiviso per categoria, necessario in applicazione dei criteri fissati dalle DGR richiamate, alla luce del numero di ospiti rispettivamente autorizzati per media e alta intensità assistenziale.
Il regime così complessivamente delineato pone dunque una relazione fra l’impiego di unità di personale qualificato conforme agli standard e l’attribuzione al concessionario di quote di rimborso sanitario a valere sul bilancio dell’A.U.L.S.S.
A fronte di una condotta illecita rappresentata dal mancato rispetto degli standard di personale, senz’altro discende per l’A.U.L.S.S., quale creditore delle prestazioni soggette a detti standard, un danno patrimoniale diretto.
In questa prospettiva, il danno complessivamente sofferto dall’A.U.L.S.S. per l’illegittima violazione degli standard di personale ben può essere determinato, come la Procura fa, nella misura dei corrispondenti risparmi indebitamente conseguiti dalla struttura, atteso che proprio questo è il pregiudizio finale subito dall’amministrazione, espresso dal valore della prestazione arbitrariamente e illegittimamente omessa (e, dunque, non ricevuta dall’A.U.L.S.S. né goduta dall’utenza) per il tramite dell’impiego di una quantità di personale specializzato inferiore a quella promessa.