Nel licenziamento ritorsivo, a differenza di quello discriminatorio, la ritorsione deve essere il motivo determinante

Corte di Cassazione sez. L, sentenza n. 14456 del 9 giugno 2017

Mentre la nullità derivante dal divieto di discriminazione discende direttamente dalla violazione di specifiche norme di diritto interno ed europeo (art. 4 della legge n. 604 del 1966, art. 15 della legge n. 300 del 1970 e art. 3 della legge. n. 108 del 1990, art. 4 L. 125/1991 ed oggi art. 20 dlgs. n. 150/2011) e dunque prescindendo dalla motivazione addotta si incentra sulla condotta discriminatoria che determina di per sé sola la nullità del licenziamento, nel caso del licenziamento ritorsivo elemento qualificante è dato dall’illiceità del motivo unico e determinante del recesso. Nel primo caso il lavoratore che esercita la azione a tutela dalla discriminazione può limitarsi a fornire elementi di fatto – desunti anche da dati di carattere statistico e relativi ad esempio alle assunzioni, ai regimi retributivi, all’assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti, che siano idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell’esistenza di atti o comportamenti discriminatori. Spetta invece al convenuto l’onere della prova sulla insussistenza della discriminazione che opera obiettivamente, in ragione del mero rilievo del trattamento deteriore riservato al lavoratore quale effetto della sua appartenenza alla categoria protetta, ed a prescindere dalla volontà illecita del datore di lavoro. Nel licenziamento ritorsivo, al contrario, non solo il licenziamento deve essere ingiustificato ma è necessario anche che il motivo che si assume essere illecito sia stato anche l’unico determinante (per un’accurata ricostruzione cfr. Cass. 05/04/2016 n.6575 ed ivi ampi riferimenti di giurisprudenza). Nel caso in esame la Corte del reclamo ha esattamente escluso che fosse stata offerta la prova dell’esistenza di tale motivo illecito ritorsivo e ciò in considerazione del fatto che il licenziamento costituiva la reazione datoriale a comportamenti di cui era stata accertata l’illiceità con una ricostruzione dei fatti completa, analitica e logica che, lo si è già detto, è esente dalle censure che le sono state mosse e non presenta carenze che possano essere in questa sede censurate.

Comments are closed.