Consiglio di Stato., sez. III, sentenza n. 4192 del 5 settembre 2017
Il ”grave illecito professionale”, che ai sensi dell’art. 80, comma 5, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 comporta l’esclusione del concorrente dalla gara, ricomprende ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica, sia essa di natura civile, penale o amministrativa.
Ai fini dell’esclusione dalla gara pubblica prevista dall’art. 80, comma 5, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 rilevano anche i provvedimenti giurisdizionali non definitivi qualora contengano una condanna al risarcimento del danno e uno degli altri effetti tipizzati dall’art. 80 stesso; l’esclusione non può superare i tre anni a decorrere dalla data dell’annotazione della notizia nel Casellario informatico gestito dall’Autorità o, per i provvedimenti penali di condanna non definitivi, dalla data del provvedimento” e non dalla verificazione del fatto storico.
Il concorrente ad una gara pubblica non può operare alcun filtro nell’individuazione dei precedenti penali valutando esso stesso la loro rilevanza ai fini dell’ammissione alla procedura di gara, spettando tale potere esclusivamente alla stazione appaltante.
Il contraddittorio previsto nel nuovo Codice dei contratti pubblici, ai fini dell’accertamento della carenza sostanziale dei requisiti di ammissione alla gara, riguarda i soli casi in cui il concorrente si è dimostrato leale e trasparente nei confronti della stazione appaltante, rendendola edotta di tutti i suoi precedenti, anche se negativi, ed ha fornito tutte le informazioni necessarie per dimostrare l’attuale insussistenza di rischi sulla sua inaffidabilità o mancata integrità nello svolgimento della sua attività professionale.