Consiglio di Stato, sentenza n. 5004 del 30 ottobre 2017
Il parere del Garante n. 50/2017 (così come il n. 254/2017, concernente atti di un procedimento disciplinare di un Comune) non rileva direttamente, in quanto concerne l’accesso civico ai sensi del d.lgs. 33/2013, e le relative considerazioni risultano svolte in base a tale normativa e alle relative Linee Guida di cui alla determinazione ANAC n. 1309/2016, e non al diritto di accesso disciplinato dalla legge 241/1990 e dalle norme di settore invocate dall’appellante.
Sulla base della disciplina previgente alla legge 247/2012, l’Adunanza Plenaria n. 7/2006 ha affermato che le concorrenti circostanze di aver avanzato un esposto che ha dato luogo a un procedimento disciplinare, e di aver promosso per i medesimi fatti denunciati in sede disciplinare un giudizio civile, legittimano all’accesso nel confronti degli atti di tale procedimento disciplinare. Aggiungendo che è da ritenere inconferente, al fine di escludere la legittimazione all’accesso, l’estraneità dell’autore dell’esposto al procedimento disciplinare e la sua conseguente qualità di terzo rispetto al medesimo.
L’equilibrata composizione degli interessi in gioco va pertanto effettuata alla stregua dell’art. 24, comma 7, cit..
Con riferimento a tale parametro, non sembra possa ritenersi legittimo un diniego, come quello impugnato, che si fondi esclusivamente sulla natura “riservata” degli atti del procedimento disciplinare e sostanzialmente inviti a ripresentare istanza al momento in cui il procedimento disciplinare sia “definito nei vari gradi di giudizio”, prescindendo da ogni considerazione circa il concreto stato del procedimento, la natura delle informazioni desumibili dagli atti eventualmente adottati o acquisiti nel suo ambito, la posizione della controinteressata e le considerazioni da essa eventualmente svolte, in quanto utili a supportare un eventuale diniego (o differimento) dell’accesso.