Consiglio di Stato, sentenza n. 1298 del 2 marzo 2018
Non può obiettarsi ad un consigliere regionale che l’istanza ostensiva incida su dati personali, atteso che è questo un limite opponibile all’accesso esercitato a tutela di posizioni soggettive individuali, ma non anche allo scopo di consentire il proficuo esercizio del mandato democratico di proposta, verifica e controllo da parte dei componenti delle assemblee elettive.
La giurisprudenza in argomento, come si è prima ricordato, si è formata sull’art. 43 del t.u.e.l. che concerne i diritti dei consiglieri comunali e provinciali, ma il cui fondamento di razionalità è perfettamente estensibile anche ai consiglieri regionali.
L’art. 43, comma 3, chiarisce che i consiglieri hanno diritto di ottenere dagli uffici tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, “utili all’espletamento del loro mandato”; il riferimento ai documenti utili all’esercizio del mandato ritorna nell’art. 39 dello statuto veneto. Ciò significa che l’accesso ai documenti esercitato dai consiglieri comunali e provinciali, e, per estensione, anche regionali, espressione delle loro prerogative di controllo democratico, non incontra alcuna limitazione in relazione all’eventuale natura riservata degli atti, stante anche il vincolo del segreto d’ufficio che lo astringe. Inoltre tale accesso non deve essere motivato, atteso che, diversamente, sarebbe consentito un controllo da parte degli uffici dell’Amministrazione sull’esercizio delle funzioni del consigliere. La locuzione aggettivale “utile”, contenuta nell’art. 43 del t.u.e.l., non vale ad escludere il carattere incondizionato del diritto (soggettivo pubblico) di accesso del consigliere, ma piuttosto comporta l’estensione di tale diritto a qualsiasi atto ravvisato “utile” per l’esercizio delle funzioni.